È l’estate che ricorderemo per le distese di lavanda e i girasoli più alti di noi. Già, perché se la coltivazione della lavanda negli ultimi anni ha preso piede in diverse zone d’Italia, quella del girasole che appartiene da tempo al nostro Paese non si può ammirare ogni anno. Il girasole dev’essere coltivato a rotazione nei campi perché ha bisogno di molto nutrimento e seminato sempre nella stessa zona rischierebbe di impoverire il terreno. Ecco perché la caccia ai campi di girasole ogni estate ricomincia da zero ed è un vero e proprio passaparola, quello per trovare per tempo i fiori nel pieno della loro bellezza. Ora però bisogna correre per non perdere la lavanda: quando le api avranno finito di poggiarsi sui fiori, sarà ora di tagliarla e di solito nel Monferrato, in Piemonte, questo avviene tra la fine del mese di luglio e i primi giorni di agosto. Ma sul ciclo della natura – e delle api in particolare – non si comanda. Da scoprire di certo è La Lavanda di Lu, di Sergio Amadori, in un campo in collina nel Comune di Quargnento, tra Lu e Cuccaro Monferrato.
Search Results for: piemonte
Piemonte, la Sacra di San Michele
La Sacra di San Michele dal 1994 è il monumento simbolo del Piemonte ed è stata di ispirazione per Umberto Eco che in un monastero ha ambientato Il nome della rosa, giallo storico e deduttivo del 1980 e che io credo di aver letto una decina di volte dagli anni delle scuole medie in poi. Dal romanzo, nel 1986 è stato tratto l’omonimo film per la regia di Jean-Jacques Annaud (impossibile dimenticare Sean Connery nei panni di Guglielmo e il giovanissimo Christian Slater in quelli del co-protagonista Adso). L’idea iniziale di Eco era proprio quella di girare il lungometraggio alla Sacra di San Michele, ma poi la produzione preferì ricostruire tutto negli studi di CineCittà.
Ecco, io la Sacra l’ho sempre vista dall’autostrada. Svettare imponente sulla cima del monte Pirchiriano. Finalmente ad agosto l’abbiamo visitata.
Venezia (non solo la solita): il ghetto ebraico, Dorsoduro, ottimi ristoranti, panorami, angoli nascosti
Uscire dall’albergo e non trovarsi i turisti che ti calpestano i piedi. Percorrere le strade controcorrente. Scegliere le mete che gli altri non conoscono o che pensano che non siano sufficientemente iconiche. Ma Venezia è magica in ogni angolo. Per cui, se proprio non è la prima volta che la si visita, si può evitare di soggiornare e di muoversi nelle zone in cui l’assembramento è inevitabile, gustandosi così di più la città. In particolare ora che ancora non è presa d’assalto da chi proviene dall’estero e sembra incredibile guadagnarsi senza troppa fatica un posto sul vaporetto linea 1, quello che naviga lungo il Canal Grande e che, già da solo, regala uno sguardo su questa città che è un unico nel mondo (anche se ogni borgo o villaggio che abbia due canali è subito soprannominato la Venezia d’Oriente o quella del Nord, no, Venezia è solo questa ed è senza eguali). Proviamo a dare un’occhiata, allora, a qualcosa di turistico ma nuovo e che vale la pena visitare o di qualche posto meno conosciuto.
Ogni volta che si torna nella Laguna cerchiamo di organizzare un itinerario che sia diverso dai viaggi precedenti, anche se poi anche noi abbiamo i luoghi del cuore, come il ghetto ebraico a Cannaregio. Però, per esempio, avendo fatto un bel giro nella zona dell’Arsenale, sotto un sole cocente, l’ultima volta, abbiamo preferito curare nei dettagli Dorsoduro, che è conosciuto anche come il quartiere universitario della città ed è un sestiere molto tipico in cui si trovano i veneziani autoctoni. Di sera potrete godere del silenzio delle sue strade e di alcuni ristoranti alla mano frequentati solo da chi vive qui. Inoltre, è la zona delle Zattere, con un panorama che allarga sulla Giudecca, e Dorsoduro si spinge fino alla Salute e alla Punta della Dogana di fronte – da una parte – a San Marco e – dall’altra – a San Giorgio.
Proseguendo nella lettura, non mancheranno chicche di ristoranti un po’ in tutta Venezia perché poi si gira sempre e avere qualche indicazione che sia utile per non prendere fregature (come ho fatto per Roma) è sempre importante e fa già da solo un pezzo di vacanza.
Weekend a Lucca: l’Orto botanico, la passeggiata sulle mura, dove mangiare tipico, le antiche insegne dei negozi storici e anche un po’ di vintage
La Toscana è una regione vasta, con tanto da vedere e con numerose esperienze da provare. Me ne accorgo ogni volta che mi sembra di averne vista un pezzo e mi mancano ancora molte mete. È incredibile, ma Lucca ancora mancava all’appello. E così a Lucca è stato il nostro primo weekend dopo la riapertura dei confini regionali, dell’Italia in zona gialla. Se, per esigenze familiari, da Milano ho potuto muovermi su Roma, le altre destinazioni erano precluse. E la scelta è caduta su Lucca che si visita bene in un paio di giorni. Il nostro consiglio è di scegliere un albergo all’interno delle antiche mura della città (lo sapete che sono più antiche delle mura di Gerusalemme?) e – se vi spostate in automobile – meglio preferire un hotel che disponga anche di posto auto. Io sono scesa a Firenze in treno con l’alta velocità da Milano, Francesco è salito da Roma a Firenze dove mi ha recuperata e siamo andati insieme a Lucca in macchina. Strano ma vero: Firenze – Lucca non è una tratta ben servita dai treni, si potrebbe fare di meglio, come in molti altri luoghi del nostro Paese.
In questo articolo vi suggerisco ristoranti in cui mangiare tipico lucchese e senza fregature, le più belle insegne dei negozi storici (una grande tradizione di Lucca) con tutti gli indirizzi, qualche indicazione per l’Orto botanico e per la passeggiata lungo le mura cittadine. E non mancherà un consiglio di shopping. [Read more…]
I glicini a Milano. Quando e dove vedere i più belli in fiore, itinerari in città: da Cascina de’ Pomm al glicine di Leonardo
Milano si tinge di lilla. Sfumature dal viola più inteso fin quasi al bianco, quando le cascate di glicini sono esposte in pieno sole: la seconda metà di marzo e la prima metà di aprile sono i periodi migliori per passeggiare in città alla ricerca di queste cascate profumate. Ed è anche, questo, un modo per scoprire quelle strade e quegli scorci che troppo spesso non degniamo di uno sguardo, presi come siamo a correre dietro a un tram o fermi in coda a un semaforo. Alziamo lo sguardo: l’intenso profumo del glicine a Milano ci guiderà.
Se avete esplorato la città alla ricerca delle magnolie in fiore, il testimone ora passa ai glicini: sfiorite le prime, sono sbocciati i secondi. Per conoscere il momento migliore per andare a caccia di glicini a Milano – sono molto fortunata – mi aiuto con il patio viola della mia anziana vicina, quelle che ancora parlano il milanese stretto, quelle che hanno fatto la storia di questa città, e appena il profumo entra in casa dalle finestre spalancate e i gradi si alzano un po’, ecco la meraviglia.
A Milano c’è davvero da perdere la testa (e l’orientamento!), da nord a sud, da est a ovest, non solo in centro, ma anche e soprattutto in periferia, sbocciano i glicini, che fino a poche settimane prima non erano che tronchi secchi. E allora vi lascio l’elenco, forza, è questo il momento dei glicini!
Milano in primavera è la città delle magnolie. Tour, percorsi e suggestioni
Milanesi, in alto lo sguardo! È questo il momento di rallentare e alzare la testa dai telefonini, che al massimo possiamo utilizzare per immortalare con un video questo spettacolo della natura. A marzo fioriscono le prime magnolie, quelle che proprio qualche anziano milanese, ormai anni fa, mi disse che qui si conoscono come magnolie uovo di Pasqua, sia perché fioriscono a metà marzo, quando spesso può cadere la Pasqua, sia per la forma dei fiori: le corolle sembrano uova che si schiudono.
Se all’inizio della primavera siamo abituati a veder comparire sui social scatti di eleganti abitazioni londinesi circondate di magnolie rosa e bianche, ma anche abitazioni in mattoni di Brooklyn, ecco che Milano non è da meno e le magnolie si trovano in giardini privati e parchi, lungo viali e a far capolino da un cortile. Dove si trovano? Se alcune zone sono costellate di magnolie – e il trionfo di questi alberi a Milano è piazza Nicolò Tommaseo con il suo giardino dedicato a Renata Tebaldi che, anno dopo anno, dopo che si è sparsa la voce, è sempre più preso d’assalto per scattare la foto perfetta – ce ne sono tante per esempio tra le Cinque Vie e il Duomo, Porta Romana alle spalle della Rotonda della Besana, ma anche verso il Politecnico a Città Studi e tra Conciliazione e Pagano. Insomma, quartieri di ogni tipo che ospitano queste magnifiche piante: la Magnolia liliiflora, la Magnolia soulangeana e la Magnolia stellata.
Lavanda in fiore nel Lazio: nella Tuscia la Provenza d’Italia
Quest’anno ci è scivolata tra le dita delle mani la fioritura dei ciliegi e quella dei tulipani. Niente hanami. Nessuna passeggiata nei campi con la brezza primaverile. E anche le magnolie uovo di Pasqua, quelle rosa o bianche che ricordano le uova per la loro forma e che colorano le nostre città tra marzo e aprile, e così per i glicini prima e le peonie poi. E come all’improvviso, a fine confinamento, abbiamo messo il naso fuori da casa e abbiamo trovato i prati con la lavanda in fiore, con quel profumo caratteristico che ricorda gli armadi delle nostre nonne. Il lockdown ci ha portato via la primavera – e purtroppo non solo quella – e stiamo facendo i conti con una nuova normalità, come ho scritto qui. Intanto perlustriamo l’Italia in cerca di natura, di relax e soprattutto di spazio. I campi di lavanda per tutto il mese di giugno e parte di quello di luglio sono una delle bellezze di questo momento. E in alcune regioni del nostro Paese da qualche anno s’intravede una Provenza d’Italia. Dal Piemonte alla Liguria fino al Lazio ed è qui che ci siamo soffermati, nella Tuscia, la zona chiamata anche Maremma laziale, tra Viterbo e Tuscania. Per riempirci gli occhi di viola e di blu. E provare ad alleggerire il cuore.
Guida pratica alla quarantena: consigli su viaggi in remoto e rimborsi, stimoli e piccole soluzioni di sopravvivenza
Che cosa fare durante la quarantena. È una delle domande che più spesso, in questo periodo, è rivolta a Google e ai motori di ricerca, come se potessero, loro, darci una risposta o una strada da seguire, un programma a cui attenerci per tenere alto lo spirito e per superare un momento che è indubbiamente inatteso, buio e difficile. Solo fino a 50 giorni fa, mai avremmo immaginato di restare chiusi in casa, come se fossimo intoccabili e superiori rispetto a chi già si stava ammalando a sole 11 ore di volo da noi, rispetto a chi già stava soffrendo e forse aveva qualcosa da insegnarci affinché potessimo essere più pronti di come ci ha trovati il virus.
Tra Germania e Svizzera: il Bodensee in #4idee (n.18)
Il fiume Reno a un certo punto, all’altezza della città di Costanza, in Germania, ma davvero a due passi dalla Svizzera e a breve distanza dall’Austria, è come se si allargasse per accogliere più acqua e ci regala il Lago di Costanza o Bodensee. Oggi è un lago limpidissimo e regala un clima mite a tutte le cittadine che lambisce. Ma ha anche tre isole: Mainau, Reichenau e Lindau. Noi siamo andati a visitare Mainau, detta anche l’isola dei fiori. Le #4idee sulla regione del Bodensee includono anche lo straordinario Zeppelin Museum di Friedrichshafen, Meersburg e il suo castello medievale e San Gallo, in Svizzera, con l’antica biblioteca cui pare si sia ispirato il mio concittadino Umberto Eco per il Nome della Rosa.
Torino da vedere in #4idee (n.12)
Metà anni Novanta. Appena avevamo il via libera dei nostri genitori, prendevamo il treno da Alessandria e andavamo a Torino. Eravamo sei, otto o anche di più, dai 14 ai 16, forse 17 anni e ci sembrava un viaggio senza fine, su un treno regionale con gli scompartimenti. Non trovavamo quasi mai posto e per tutta la tratta ce ne stavamo in corridoio, sperando che si liberasse un sedile ribaltabile e che non passasse il carrello bar che ci avrebbe mozzato i piedi. Andavamo a trovare gli amici del mare, per trascorrere mezza giornata insieme, per accorciare le distanze, per far arrivare più in fretta la prossima estate. Scendevamo alla stazione di Torino Porta Nuova che era molto diversa da quella di oggi. Sgangherata, sporca, troppo vuota al di fuori degli orari di punta. Attraversavamo il Giardino Sambuy e iniziava il nostro giro. Avevamo tappe fisse irrinunciabili: il pranzo alla pizzeria Seven Up in via Andrea Doria, dietro a via Cavour, oppure al Mc Donalds sotto i portici di Piazza Castello. E guai a non trascorrere qualche ora da Maschio. Il tempio della musica: 650 metri quadrati su tre piani. Quattro vetrine in un palazzo d’epoca. Aperto dal 1961, nel 2003 ha chiuso i battenti. E io non ho più vent’anni.