Quest’anno ci è scivolata tra le dita delle mani la fioritura dei ciliegi e quella dei tulipani. Niente hanami. Nessuna passeggiata nei campi con la brezza primaverile. E anche le magnolie uovo di Pasqua, quelle rosa o bianche che ricordano le uova per la loro forma e che colorano le nostre città tra marzo e aprile, e così per i glicini prima e le peonie poi. E come all’improvviso, a fine confinamento, abbiamo messo il naso fuori da casa e abbiamo trovato i prati con la lavanda in fiore, con quel profumo caratteristico che ricorda gli armadi delle nostre nonne. Il lockdown ci ha portato via la primavera – e purtroppo non solo quella – e stiamo facendo i conti con una nuova normalità, come ho scritto qui. Intanto perlustriamo l’Italia in cerca di natura, di relax e soprattutto di spazio. I campi di lavanda per tutto il mese di giugno e parte di quello di luglio sono una delle bellezze di questo momento. E in alcune regioni del nostro Paese da qualche anno s’intravede una Provenza d’Italia. Dal Piemonte alla Liguria fino al Lazio ed è qui che ci siamo soffermati, nella Tuscia, la zona chiamata anche Maremma laziale, tra Viterbo e Tuscania. Per riempirci gli occhi di viola e di blu. E provare ad alleggerire il cuore.
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Giardino di Ninfa, dove l’Alta Moda crea la fiaba: da Gucci a Vogue fino a Dior
Quest’anno compie cento anni e per il New York Times è il giardino più bello e romantico del mondo. È un’oasi di otto ettari, dal 1976 sotto la supervisione del Wwf, in cui si trovano oltre 1300 specie di piante, tra cui lavanda, aceri coreani e ciliegi giapponesi, cedri del Marocco, la foresta di bambù, 19 varietà di magnolie, melograni, betulle, iris acquatici, rose, banani. Ma il Giardino di Ninfa è un luogo unico al mondo perché qui i ruderi e le rovine medievali di case e chiese vivono in simbiosi con la vegetazione. In una delle sue sette chiese, Santa Maria Maggiore, fu incoronato il pontefice Alessandro III nel 1159, scappando da Roma per l’arrivo di Federico Barbarossa. Un luogo incantato, che ho raccontato qui, che è stato un giardino letterario grazie alla famiglia Caetani e che adesso è stato immortalato in una favola, quella che ha voluto Dior con la regia di Matteo Garrone. Ma un’altra fiaba era già nata a Ninfa nel 2016, quando fu Gucci a utilizzare il giardino come set per il romantico video Gucci Garden, regista Floria Sigismondi. E anche Vogue più volte a realizzato degli shooting al Giardino di Ninfa.
Lavanda in Piemonte, le fioriture più belle nel Monferrato (anche dei girasoli)
È l’estate che ricorderemo per le distese di lavanda e i girasoli più alti di noi. Già, perché se la coltivazione della lavanda negli ultimi anni ha preso piede in diverse zone d’Italia, quella del girasole che appartiene da tempo al nostro Paese non si può ammirare ogni anno. Il girasole dev’essere coltivato a rotazione nei campi perché ha bisogno di molto nutrimento e seminato sempre nella stessa zona rischierebbe di impoverire il terreno. Ecco perché la caccia ai campi di girasole ogni estate ricomincia da zero ed è un vero e proprio passaparola, quello per trovare per tempo i fiori nel pieno della loro bellezza. Ora però bisogna correre per non perdere la lavanda: quando le api avranno finito di poggiarsi sui fiori, sarà ora di tagliarla e di solito nel Monferrato, in Piemonte, questo avviene tra la fine del mese di luglio e i primi giorni di agosto. Ma sul ciclo della natura – e delle api in particolare – non si comanda. Da scoprire di certo è La Lavanda di Lu, di Sergio Amadori, in un campo in collina nel Comune di Quargnento, tra Lu e Cuccaro Monferrato.
Lazio: il parco delle peonie di Vitorchiano
Non è solo un vivaio, quello delle peonie di Vitorchiano, è un’intera collina ricoperta di fiori. E qui non si viene solo per fare una passeggiata e per ammirare il paesaggio, ma per ricaricarsi di nuova energia a contatto con la natura. Arrivano non solo da tutta Italia, ma anche dall’Europa per visitare questo Giardino delle Peonie che nei mesi di aprile e maggio è davvero preso d’assalto. Per quanta gente possa esserci, gli spazi sono così ampi che c’è posto per tutti e ognuno può trovare il suo momento magico.
Viaggio in Provenza (fai da te)
Il Sud della Francia è stato protagonista di un nostro viaggio on the road per venti giorni. Partiti dal Piemonte in macchina, ci siamo allungati fino quasi al confine con la Spagna. Mentre organizzavamo la vacanza d’agosto, abbiamo guardato il film Un’ottima annata, con Russell Crowe e Marion Cotillard, e io ho letto i libri da cui era stato tratto, Un anno in Provenza e Provenza dalla A alla Z, di Peter Mayle. E poi ci siamo affacciati sui canyon più alti d’Europa, siamo andati alla ricerca dell’ultima lavanda in fiore, abbiamo visto le stelle più brillanti nel cielo di Arles, passeggiato per le eleganti vie di Aix-en-Provence, conosciuto la Marsiglia di Jean-Claude Izzo e del suo Fabio Montale, degustato formaggi, oli e vini francesi. Ci siamo immersi nella natura selvaggia della Camargue, siamo passati di castello in castello da Tarascona a Carcassonne, di abbazia in abbazia da Senanque a Thoronet. E in questo post vi raccontiamo nel dettaglio le tappe, come abbiamo fatto già con l’Irlanda (che resta uno degli articoli più letti di Valigia a due piazze), cosicché anche voi possiate costruire il vostro tour di Provenza.
Ponti di primavera, dove andare in Italia in #4idee (n.4)
Con Pasqua (il 20 aprile), Lunedì dell’Angelo (21 aprile), il 25 aprile che è venerdì e il 1° maggio che cade di giovedì, quest’anno si ha l’occasione di approfittare di un ponte di primavera per prendersi una pausa prima delle vacanze estive, ancora lontane.
La fuga dalla città può essere anche a breve distanza, per staccare un paio di giorni. Oppure in qualche parte dell’Italia che ancora non si ha avuto l’opportunità di visitare. Certo, bisogna avere la pazienza di consultare le offerte last minute e di cercare dei voli che non siano saliti troppo di prezzo (io di solito per avere uno sguardo globale sulle compagnie aeree utilizzo Volagratis). Facciamo in #4idee un rapido giro dalla Liguria, passando per il Lazio e la Campania, fino in Sicilia.
Calcata magica, borgo di hippies (e streghe)
Ancora una curva, in salita, tra gli alberi, dopo aver lasciato la Cassia bis (la Veientana). E poi eccola, sulla sinistra, quasi sospesa con la vallata intorno. Calcata.
Case brune le cui fondamenta affondano nella roccia tufacea, come un’estensione naturale del colle. Al calare della sera, il borgo si illumina ed ecco il presepe in cui si è inserita una monetina per metterlo in funzione. Oltrepassi il portone d’ingresso e all’improvviso fai un salto all’indietro nel tempo, una cavalcata nel passato. Per le strade, odore di legna bruciata nel camino. Risate che rimbalzano sulle pareti della case e, infilandosi sotto l’uscio delle porte, sfuggono dalle sale e dalle cucine e si rincorrono all’esterno. Un piccolo labirinto di vie strette e ornate di gatti sornioni, di cani che spadroneggiano, di fiori sui balconi. Giri l’angolo e sei a strapiombo sulla valle del Treja. Silenziosa e coperta di boschi disordinati che attutiscono i rumori. E ci si è già scordati di essere a soli 40 km da Roma nord e a 60 da Viterbo.
I mostri di Bomarzo
C’è da dire che quando ho sentito parlare di Parco dei Mostri – tac! – mi si sono drizzate le antenne, perché nutro da sempre una passione morbosa verso tutto ciò che è mostruoso, per i freaks e i gargoyles. Per i luoghi che sanno di mistico. E, questo, è proprio una sorta di percorso di purificazione e di espiazione. Arriva alla fine, al tempietto, solo chi ha superato le insidie delle creature grottesche che si trovano lungo il cammino. Un giardino sospeso tra il sacro e il profano, tra l’ordine e il caos. Immerso in una campagna bucolica, in cui le piante sembrano essere lasciate a se stesse, in cui il rigore dei giardini geometrici all’italiana cede il posto all’improvvisazione della natura.
Civita, la città che muore
Si fa presto a dire “andiamo a fare un giro da qualche parte”, la domenica mattina. Molto meglio dormire un po’ di più – mio marito -, bighellonare per casa – io -, prendersi più coccole del solito – Margherita, la nostra Bolognese di 4 anni e mezzo, una figlia, insomma -. E poi ci si trascina, lenti, a fare un brunch.
Eppure ogni tanto questa pigrizia domenical/invernale riusciamo a vincerla. E’ successo così un paio di settimane fa e siamo andati a Civita di Bagnoregio, un’ora e mezza di macchina da Roma. Al confine tra Lazio e Umbria, non lontana da Orvieto.
Civita è conosciuta come La città che muore – che fa un po’ triste, ma la rende pure più magica – perché è isolata su rocce tufacee e la vallata intorno continua a sprofondare un po’ ogni giorno.
Civita di Bagnoregio ricorda un presepe, in particolare al tramonto, quando si accendono le prime luci, ed è raggiungibile da un lungo ponte che collega Bagnoregio e il belvedere a Civita, la sua frazione.
I residenti nel borgo che muore sono sei. Ho detto tutto.
Ancora più suggestivo è trovare Civita immersa nella nebbia. Sembra un’isola. Sembra Avalon, nelle mie fantasie di bambina. Qui un esempio.