È l’estate che ricorderemo per le distese di lavanda e i girasoli più alti di noi. Già, perché se la coltivazione della lavanda negli ultimi anni ha preso piede in diverse zone d’Italia, quella del girasole che appartiene da tempo al nostro Paese non si può ammirare ogni anno. Il girasole dev’essere coltivato a rotazione nei campi perché ha bisogno di molto nutrimento e seminato sempre nella stessa zona rischierebbe di impoverire il terreno. Ecco perché la caccia ai campi di girasole ogni estate ricomincia da zero ed è un vero e proprio passaparola, quello per trovare per tempo i fiori nel pieno della loro bellezza. Ora però bisogna correre per non perdere la lavanda: quando le api avranno finito di poggiarsi sui fiori, sarà ora di tagliarla e di solito nel Monferrato, in Piemonte, questo avviene tra la fine del mese di luglio e i primi giorni di agosto. Ma sul ciclo della natura – e delle api in particolare – non si comanda. Da scoprire di certo è La Lavanda di Lu, di Sergio Amadori, in un campo in collina nel Comune di Quargnento, tra Lu e Cuccaro Monferrato.
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Monferrato, un tramonto al Bar Chiuso (quando piove)
Il Monferrato è la mia terra. Mi riconosco nei suoi colori, così differenti da stagione a stagione: le spighe di grano e i girasoli, i fiordalisi e i papaveri ai bordi delle strade in estate, i grappoli d’uva con gli acini ormai turgidi e pronti per essere raccolti nel primo autunno, poi arriva la nebbia, nasconde il sole, si fa densa, corposa e rende tutto grigio prima che arrivi la neve e il paesaggio diventi bianco. La primavera è lenta ad arrivare. E’ una stagione che nel Monferrato arriva e se ne va in fretta. Non dura mai tre mesi. Da quando vivo a Roma la primavera copre la maggior parte dell’anno, ho scoperto una stagione nuova. Invece nel Monferrato stenta ad arrivare, si fa desiderare. Le piogge e l’artiglio dell’inverno le agguantano la coda e rallentano il suo arrivo. Mi riconosco negli odori del Monferrato. E tornare ogni volta è davvero sentirsi a casa. E’ una sensazione che ha del primordiale.
Almeno una volta, ogni estate, con gli amici ci incontriamo a Moleto, al Bar Chiuso (quando piove). Il tramonto è l’orario migliore. La sua magia si interrompe con le tenebre. Non c’è più il panorama che spazia sulle colline, i vigneti e i paesi di cui spicca sempre l’alto campanile della chiesa. E arrivano le zanzare. Quindi si scappa e le chiacchiere proseguono nella tappa successiva. Eppure per quelle due ore a cavallo del tramonto, è un posto incredibile e che infonde serenità.
Monferrato, una merenda sinoira
Almeno tre o quattro giorni alla settimana, appena uscita da scuola, dalla città si andava in collina. Anche quando la nebbia non faceva vedere ad un palmo dal naso e mia mamma riusciva a guidare solo perché conosce quella strada come se fosse stata lei a disegnarla.
E ci sono degli odori e dei profumi – ma anche dei colori e dei sapori – di quegli anni che conservo nella memoria dei sensi oggi come ieri e appena mi sembra di captarli nell’aria si apre quel prezioso cassetto dei ricordi. Ed è così per sempre. A me capita con il profumo dell’erba tagliata. Sono cresciuta nel Monferrato e dai nonni, con il primo sole, era tutto un tagliare l’erba del prato. Sembrava che, a restarla a guardare, sarebbe ricresciuta subito.
E oggi come ieri anche solo passando in macchina in mezzo allo smog di una stradaccia appena fuori città, se sento il profumo dolciastro di erba tagliata devo abbassare il finestrino e rimpirmi i polmoni. Per rivedere i visi dei nonni. Per sentire le loro voci in dialetto. Quel dialetto piemontese che sa un po’ di francese. E l’odore della nebbia. Quella fitta e densa che entra nel naso. Sa di bagnato, di umido, di stufa.
Venezia (non solo la solita): il ghetto ebraico, Dorsoduro, ottimi ristoranti, panorami, angoli nascosti
Uscire dall’albergo e non trovarsi i turisti che ti calpestano i piedi. Percorrere le strade controcorrente. Scegliere le mete che gli altri non conoscono o che pensano che non siano sufficientemente iconiche. Ma Venezia è magica in ogni angolo. Per cui, se proprio non è la prima volta che la si visita, si può evitare di soggiornare e di muoversi nelle zone in cui l’assembramento è inevitabile, gustandosi così di più la città. In particolare ora che ancora non è presa d’assalto da chi proviene dall’estero e sembra incredibile guadagnarsi senza troppa fatica un posto sul vaporetto linea 1, quello che naviga lungo il Canal Grande e che, già da solo, regala uno sguardo su questa città che è un unico nel mondo (anche se ogni borgo o villaggio che abbia due canali è subito soprannominato la Venezia d’Oriente o quella del Nord, no, Venezia è solo questa ed è senza eguali). Proviamo a dare un’occhiata, allora, a qualcosa di turistico ma nuovo e che vale la pena visitare o di qualche posto meno conosciuto.
Ogni volta che si torna nella Laguna cerchiamo di organizzare un itinerario che sia diverso dai viaggi precedenti, anche se poi anche noi abbiamo i luoghi del cuore, come il ghetto ebraico a Cannaregio. Però, per esempio, avendo fatto un bel giro nella zona dell’Arsenale, sotto un sole cocente, l’ultima volta, abbiamo preferito curare nei dettagli Dorsoduro, che è conosciuto anche come il quartiere universitario della città ed è un sestiere molto tipico in cui si trovano i veneziani autoctoni. Di sera potrete godere del silenzio delle sue strade e di alcuni ristoranti alla mano frequentati solo da chi vive qui. Inoltre, è la zona delle Zattere, con un panorama che allarga sulla Giudecca, e Dorsoduro si spinge fino alla Salute e alla Punta della Dogana di fronte – da una parte – a San Marco e – dall’altra – a San Giorgio.
Proseguendo nella lettura, non mancheranno chicche di ristoranti un po’ in tutta Venezia perché poi si gira sempre e avere qualche indicazione che sia utile per non prendere fregature (come ho fatto per Roma) è sempre importante e fa già da solo un pezzo di vacanza.
Weekend a Lucca: l’Orto botanico, la passeggiata sulle mura, dove mangiare tipico, le antiche insegne dei negozi storici e anche un po’ di vintage
La Toscana è una regione vasta, con tanto da vedere e con numerose esperienze da provare. Me ne accorgo ogni volta che mi sembra di averne vista un pezzo e mi mancano ancora molte mete. È incredibile, ma Lucca ancora mancava all’appello. E così a Lucca è stato il nostro primo weekend dopo la riapertura dei confini regionali, dell’Italia in zona gialla. Se, per esigenze familiari, da Milano ho potuto muovermi su Roma, le altre destinazioni erano precluse. E la scelta è caduta su Lucca che si visita bene in un paio di giorni. Il nostro consiglio è di scegliere un albergo all’interno delle antiche mura della città (lo sapete che sono più antiche delle mura di Gerusalemme?) e – se vi spostate in automobile – meglio preferire un hotel che disponga anche di posto auto. Io sono scesa a Firenze in treno con l’alta velocità da Milano, Francesco è salito da Roma a Firenze dove mi ha recuperata e siamo andati insieme a Lucca in macchina. Strano ma vero: Firenze – Lucca non è una tratta ben servita dai treni, si potrebbe fare di meglio, come in molti altri luoghi del nostro Paese.
In questo articolo vi suggerisco ristoranti in cui mangiare tipico lucchese e senza fregature, le più belle insegne dei negozi storici (una grande tradizione di Lucca) con tutti gli indirizzi, qualche indicazione per l’Orto botanico e per la passeggiata lungo le mura cittadine. E non mancherà un consiglio di shopping. [Read more…]
I glicini a Milano. Quando e dove vedere i più belli in fiore, itinerari in città: da Cascina de’ Pomm al glicine di Leonardo
Milano si tinge di lilla. Sfumature dal viola più inteso fin quasi al bianco, quando le cascate di glicini sono esposte in pieno sole: la seconda metà di marzo e la prima metà di aprile sono i periodi migliori per passeggiare in città alla ricerca di queste cascate profumate. Ed è anche, questo, un modo per scoprire quelle strade e quegli scorci che troppo spesso non degniamo di uno sguardo, presi come siamo a correre dietro a un tram o fermi in coda a un semaforo. Alziamo lo sguardo: l’intenso profumo del glicine a Milano ci guiderà.
Se avete esplorato la città alla ricerca delle magnolie in fiore, il testimone ora passa ai glicini: sfiorite le prime, sono sbocciati i secondi. Per conoscere il momento migliore per andare a caccia di glicini a Milano – sono molto fortunata – mi aiuto con il patio viola della mia anziana vicina, quelle che ancora parlano il milanese stretto, quelle che hanno fatto la storia di questa città, e appena il profumo entra in casa dalle finestre spalancate e i gradi si alzano un po’, ecco la meraviglia.
A Milano c’è davvero da perdere la testa (e l’orientamento!), da nord a sud, da est a ovest, non solo in centro, ma anche e soprattutto in periferia, sbocciano i glicini, che fino a poche settimane prima non erano che tronchi secchi. E allora vi lascio l’elenco, forza, è questo il momento dei glicini!
Milano in primavera è la città delle magnolie. Tour, percorsi e suggestioni
Milanesi, in alto lo sguardo! È questo il momento di rallentare e alzare la testa dai telefonini, che al massimo possiamo utilizzare per immortalare con un video questo spettacolo della natura. A marzo fioriscono le prime magnolie, quelle che proprio qualche anziano milanese, ormai anni fa, mi disse che qui si conoscono come magnolie uovo di Pasqua, sia perché fioriscono a metà marzo, quando spesso può cadere la Pasqua, sia per la forma dei fiori: le corolle sembrano uova che si schiudono.
Se all’inizio della primavera siamo abituati a veder comparire sui social scatti di eleganti abitazioni londinesi circondate di magnolie rosa e bianche, ma anche abitazioni in mattoni di Brooklyn, ecco che Milano non è da meno e le magnolie si trovano in giardini privati e parchi, lungo viali e a far capolino da un cortile. Dove si trovano? Se alcune zone sono costellate di magnolie – e il trionfo di questi alberi a Milano è piazza Nicolò Tommaseo con il suo giardino dedicato a Renata Tebaldi che, anno dopo anno, dopo che si è sparsa la voce, è sempre più preso d’assalto per scattare la foto perfetta – ce ne sono tante per esempio tra le Cinque Vie e il Duomo, Porta Romana alle spalle della Rotonda della Besana, ma anche verso il Politecnico a Città Studi e tra Conciliazione e Pagano. Insomma, quartieri di ogni tipo che ospitano queste magnifiche piante: la Magnolia liliiflora, la Magnolia soulangeana e la Magnolia stellata.
Lavanda in fiore nel Lazio: nella Tuscia la Provenza d’Italia
Quest’anno ci è scivolata tra le dita delle mani la fioritura dei ciliegi e quella dei tulipani. Niente hanami. Nessuna passeggiata nei campi con la brezza primaverile. E anche le magnolie uovo di Pasqua, quelle rosa o bianche che ricordano le uova per la loro forma e che colorano le nostre città tra marzo e aprile, e così per i glicini prima e le peonie poi. E come all’improvviso, a fine confinamento, abbiamo messo il naso fuori da casa e abbiamo trovato i prati con la lavanda in fiore, con quel profumo caratteristico che ricorda gli armadi delle nostre nonne. Il lockdown ci ha portato via la primavera – e purtroppo non solo quella – e stiamo facendo i conti con una nuova normalità, come ho scritto qui. Intanto perlustriamo l’Italia in cerca di natura, di relax e soprattutto di spazio. I campi di lavanda per tutto il mese di giugno e parte di quello di luglio sono una delle bellezze di questo momento. E in alcune regioni del nostro Paese da qualche anno s’intravede una Provenza d’Italia. Dal Piemonte alla Liguria fino al Lazio ed è qui che ci siamo soffermati, nella Tuscia, la zona chiamata anche Maremma laziale, tra Viterbo e Tuscania. Per riempirci gli occhi di viola e di blu. E provare ad alleggerire il cuore.
Turismo, viaggi e Coronavirus: come si vola e come cambia il nostro modo di viaggiare
Siamo in un precario equilibrio tra post confinamento Coronavirus (o lockdown, come abbiamo imparato a chiamarlo) e desiderio di tornare a vivere e per molti di noi viaggiare è una parte consistente della vita: della socialità, del lavoro, del piacere. Stiamo cercando un nuovo spazio tra il pre Covid-19 che non tornerà più (così com’è cambiato il modo di viaggiare dopo l’attentato terroristico alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, come punto di non ritorno) e il post Covid-19, che non esiste ancora, perché siamo in emergenza sanitaria.
AGGIORNAMENTO SU BAGAGLIO A MANO IN AEREO – 26 GIUGNO 2020
Nei quasi tre mesi in cui siamo stati costretti all’interno delle mura di casa, abbiamo continuato a tenere attiva la nostra mente, a lavorare, a porci delle domande, ma abbiamo anche cercato di soffocare un pochino il desiderio di normalità perché gli esperti in qualsivoglia materia – online, in televisione e sui giornali – ci hanno detto che, sì, saremmo cambiati e chissà quando saremmo tornati a una “nuova” normalità. Per cui adesso ci muoviamo in punta di piedi tra il sito web per prenotare un volo o una vacanza e le ultime notizie che ci informano su come ci si può spostare nello Spazio Schengen e nel resto del mondo. Ma abbiamo voglia di stare otto o dodici ore in volo di fianco a un estraneo di cui non sappiamo niente e che magari non si cambia la mascherina ogni quattro ore, come chiesto dalle compagnie aeree? Di certo in questi mesi abbiamo capito che si può fare tutto a un ritmo diverso, un po’ più lento. E se questo avesse influito anche sul modo di viaggiare? Se dobbiamo arrivare in aeroporto molto prima rispetto ai soliti tempi per superare i nuovi controlli di sicurezza ed evitare assembramenti, sceglieremo di organizzare un weekend in una capitale europea? Oppure aspetteremo di avere più giorni? Insomma, il viaggio mordi e fuggi a cui eravamo abituati – soprattutto dopo l’avvento delle compagnie aeree low cost che ci hanno fatto dimenticare gli esborsi di danaro (o la rinuncia, direttamente) di un biglietto in stile anni Novanta – continuerà a esistere? E se fosse la volta buona che la gente smetterà di fare le tacche sull’atlante del tipo: “qui ci sono stato, qui no, qui sì, tu quante città hai visitato? Io ho un Paese più di te” come se si dovesse fare a gara a chi ha passato più tempo in quota e come se fosse quella tacca in più che davvero ci ha fatto comprendere un luogo del mondo, la sua cultura, la sua storia? No, perché per questo si può iniziare a fare un buon lavoro fin da casa, studiando e informandosi, proprio per viaggiare in modo più consapevole. Però al selfie con il luogo iconico da postare su Instagram non si può rinunciare ed è più facile da realizzare, giocando un po’ con i filtri, rispetto a una lettura di spessore. È un po’ la solita storia: tutti parlano di tutto, ma pochi sanno farlo e sono padroni della materia e quindi sono consapevoli di ciò che dicono. E allora partiamo da qui e vediamo di raccogliere le prime indicazioni che abbiamo su come cambierà post Covid-19 il modo di viaggiare degli italiani fin da questa estate e da come cambierà anche l’offerta ma anche quali sono le nuove regole per volare di cui già si sa qualche cosa.
Guida pratica alla quarantena: consigli su viaggi in remoto e rimborsi, stimoli e piccole soluzioni di sopravvivenza
Che cosa fare durante la quarantena. È una delle domande che più spesso, in questo periodo, è rivolta a Google e ai motori di ricerca, come se potessero, loro, darci una risposta o una strada da seguire, un programma a cui attenerci per tenere alto lo spirito e per superare un momento che è indubbiamente inatteso, buio e difficile. Solo fino a 50 giorni fa, mai avremmo immaginato di restare chiusi in casa, come se fossimo intoccabili e superiori rispetto a chi già si stava ammalando a sole 11 ore di volo da noi, rispetto a chi già stava soffrendo e forse aveva qualcosa da insegnarci affinché potessimo essere più pronti di come ci ha trovati il virus.