Questa canzone già è bella di suo per New York, riadattata a Milano mi fa venire i brividi.
Biciclette, bicchieri in mano e case giallo Milano? Siete sui Navigli |
Questa canzone già è bella di suo per New York, riadattata a Milano mi fa venire i brividi.
Biciclette, bicchieri in mano e case giallo Milano? Siete sui Navigli |
Il Naviglio Grande uscendo da Milano |
Per me un posto non vale l’altro. Anche per mangiare un panino. E non è questione di essere schizzinosi o di fare la preziosa, visto che a Istanbul (spero presto in un post) mi sono divorata un balik ekmek cucinato su una griglia che immagino non sia stata mai pulita (e per questo ha dato un sapore ottimo al pesce) sotto al ponte di Galata.
Torniamo a noi. Anche un semplice pranzo o un tè hanno la loro importanza. Se gustati nel posto giusto, hanno un altro senso.
Io sono una di quelle che si segna i locali di cui legge sfogliando i giornali (strappo le pagine, per essere precisa, perciò casa nostra è invasa da carta – quasi – straccia che solo negli ultimi periodi sto cercando di riordinare in raccoglitori ad hoc) e che fa screenshot del cellulare se trova un indirizzo interessante curiosando su Instagram. Insomma, non vorrei mai perdermi il meglio.
E’ così a Roma, la città in cui viviamo. Ed è così quando torniamo a Milano, la città in cui ho vissuto per tredici anni e dove abbiamo una casa (il mio nido sul Naviglio Grande) come riferimento e soprattutto come base. O anche quando passiamo per Torino, città a cui voglio molto bene (ma questa sarà la storia di altri post).
Torniamo su Milano. Che ogni volta cambia (e che ha sempre qualche novità da propormi).
La chiesa di San Cristoforo sul Naviglio davanti a casa |
È celato dietro a un alto muro di mattoni, proprio alle porte della Normandia. Il giardino delle rose, il lago delle ninfee e il ponte giapponese tanto amati da Claude Monet e che abbiamo ammirato nelle sue opere, con quelle pennellate cariche di colore, dense, che catturano il nostro sguardo trasportandoci dentro alle sue tele, esistono davvero. Si tratta della Foundation Claude Monet e della casa del pittore impressionista a Giverny, a poco più di un’ora di strada da Parigi.
Uscire dall’albergo e non trovarsi i turisti che ti calpestano i piedi. Percorrere le strade controcorrente. Scegliere le mete che gli altri non conoscono o che pensano che non siano sufficientemente iconiche. Ma Venezia è magica in ogni angolo. Per cui, se proprio non è la prima volta che la si visita, si può evitare di soggiornare e di muoversi nelle zone in cui l’assembramento è inevitabile, gustandosi così di più la città. In particolare ora che ancora non è presa d’assalto da chi proviene dall’estero e sembra incredibile guadagnarsi senza troppa fatica un posto sul vaporetto linea 1, quello che naviga lungo il Canal Grande e che, già da solo, regala uno sguardo su questa città che è un unico nel mondo (anche se ogni borgo o villaggio che abbia due canali è subito soprannominato la Venezia d’Oriente o quella del Nord, no, Venezia è solo questa ed è senza eguali). Proviamo a dare un’occhiata, allora, a qualcosa di turistico ma nuovo e che vale la pena visitare o di qualche posto meno conosciuto.
Ogni volta che si torna nella Laguna cerchiamo di organizzare un itinerario che sia diverso dai viaggi precedenti, anche se poi anche noi abbiamo i luoghi del cuore, come il ghetto ebraico a Cannaregio. Però, per esempio, avendo fatto un bel giro nella zona dell’Arsenale, sotto un sole cocente, l’ultima volta, abbiamo preferito curare nei dettagli Dorsoduro, che è conosciuto anche come il quartiere universitario della città ed è un sestiere molto tipico in cui si trovano i veneziani autoctoni. Di sera potrete godere del silenzio delle sue strade e di alcuni ristoranti alla mano frequentati solo da chi vive qui. Inoltre, è la zona delle Zattere, con un panorama che allarga sulla Giudecca, e Dorsoduro si spinge fino alla Salute e alla Punta della Dogana di fronte – da una parte – a San Marco e – dall’altra – a San Giorgio.
Proseguendo nella lettura, non mancheranno chicche di ristoranti un po’ in tutta Venezia perché poi si gira sempre e avere qualche indicazione che sia utile per non prendere fregature (come ho fatto per Roma) è sempre importante e fa già da solo un pezzo di vacanza.
La Toscana è una regione vasta, con tanto da vedere e con numerose esperienze da provare. Me ne accorgo ogni volta che mi sembra di averne vista un pezzo e mi mancano ancora molte mete. È incredibile, ma Lucca ancora mancava all’appello. E così a Lucca è stato il nostro primo weekend dopo la riapertura dei confini regionali, dell’Italia in zona gialla. Se, per esigenze familiari, da Milano ho potuto muovermi su Roma, le altre destinazioni erano precluse. E la scelta è caduta su Lucca che si visita bene in un paio di giorni. Il nostro consiglio è di scegliere un albergo all’interno delle antiche mura della città (lo sapete che sono più antiche delle mura di Gerusalemme?) e – se vi spostate in automobile – meglio preferire un hotel che disponga anche di posto auto. Io sono scesa a Firenze in treno con l’alta velocità da Milano, Francesco è salito da Roma a Firenze dove mi ha recuperata e siamo andati insieme a Lucca in macchina. Strano ma vero: Firenze – Lucca non è una tratta ben servita dai treni, si potrebbe fare di meglio, come in molti altri luoghi del nostro Paese.
In questo articolo vi suggerisco ristoranti in cui mangiare tipico lucchese e senza fregature, le più belle insegne dei negozi storici (una grande tradizione di Lucca) con tutti gli indirizzi, qualche indicazione per l’Orto botanico e per la passeggiata lungo le mura cittadine. E non mancherà un consiglio di shopping. [Read more…]
Per anni la domanda più ricorrente riguardo al mio abbigliamento è stata: dove l’hai acquistato? E le mie risposte sempre le stesse: a Londra oppure a New York. Poi s’è aggiunta anche Parigi, ma la soddisfazione che mi dà soprattutto Londra per quanto riguarda l’abbigliamento vintage è davvero ineguagliabile (in pandemia mi sono specializzata sul vintage online). Soprattutto perché in città sono disseminati numerosi Charity Shop, imprese a carattere sociale e associazioni benefiche, in cui si può andare a donare oppure ad acquistare e, soprattutto quelli nei quartieri più abbienti, hanno un’offerta da far brillare gli occhi. Acquisto vintage da quando ero una ragazzina, quindi da una ventina d’anni, quando non andava ancora di moda, e da sempre a Londra e ho fatto alcuni affari di cui oggi vado ancora molto orgogliosa, anche dopo oltre un decennio. Uno dei pezzi più interessanti resta sempre una giacca in vera e morbida pelle a cui dentro era stata cambiata la fodera: avevano messo un tessuto con la mappa dei trasporti della Lombardia. Una coincidenza che ancora mi fa sorridere. Gli indirizzi sono raccolti nel mio libro Londra al femminile, Morellini editore, ma qualcuno lo elencherò qui di seguito.
Forse non tutti sanno che Londra è un insieme di villages. L’immagine è molto romantica e Londra è così formata perché è cresciuta inglobando la costellazione di comunità e di sobborghi che erano nati fuori dal nucleo centrale della città. I londinesi sono stati molto bravi a non accontentarsi di vivere in un sobborgo, ma a far sì che ogni villaggio avesse una sua peculiarità, diventando quindi un luogo in cui è piacevole vivere perché ciascuno di essi ha un’anima. Alcuni dei negozi vintage che vi indicherò sono appunto nei villages, ma questa sarà senz’altro una bella occasione per andare fuori dai soliti circuiti più turistici (e in epoca di emergenza sanitaria o anche subito nel post pandemia è la scelta migliore) o dai quartieri già sulla bocca di tutti (Notthing Hill e Portobello Road, Camden Town e Shoredich) che sono molto belli, ma si può scegliere anche altro.
Puoi esserci stato anche una sola volta, a New York, e non solo avere lì un pezzetto del puzzle della vita, ma dopo aver visto le immagini della battaglia a palle di neve in Washington Square Park (qui il link al New York Times), scommetto che a tutti è venuta la nostalgia di una città che non basta mai. Ogni viaggio è troppo breve, a ogni approdo c’è qualcosa di nuovo da vedere. E adesso ci manca. Solo qualche settimana fa avevo trovato un cartellone pubblicitario portato in giro per la città di Milano da un tram. C’era scritto: anche voi mancate tanto a New York City. Colpita e affondata. L’ho sentita subito mia. È a me che lo stava dicendo.
Sono tanti i luoghi del mondo che ci mancano – tranne una vacanza estiva strappata alla pandemia la scorsa estate in Francia, di cui ho scritto qui – ma New York, forse perché proprio appena al di là dell’Oceano, ha sempre la sua magia. E tutta la neve che sta scendendo quest’anno sembra quasi prendersi gioco di noi, che saremmo già pronti, imbacuccati, per respirare quell’aria gelida che dalle narici arriva su dritta fino al cervello.
Che cosa fare, allora, in attesa di tornare laggiù? Per esempio leggere un buon libro che racconta New York, che non ha mai fatto male a nessuno. O scoprire le location di alcuni film e serie tv ambientati nella Grande Mela, come ho raccontato passo dopo passo nel mio libro New York al femminile, di cui c’è una seconda edizione aggiornata con tutta la zona di The Vassel e Hudson Yards tra l’11th Ave e la W 34th St, che vi ho raccontato qui.
Insomma, partiamo per questo viaggio che ci aiuterà a districarci meglio la prossima volta che saremo a passeggio per le strade della Grande Mela (e magari sarà la volta buona per andare anche a Brooklyn, nel Queens e nel Bronx e non solo a Manhattan!), per essere più consapevoli di ciò che abbiamo intorno a noi e per conoscere qualche curiosità in più dei luoghi in cui siamo.
[Arrivate fino in fondo all’articolo e troverete una cosa che conoscono in pochi e solo chi vive a Brooklyn Heights!]
Che siate di quelli che preferiscono il caffè in tazzina o al vetro, questo elenco di bar in cui gustare il caffè a Roma non vi deluderà. Già, perché è di Roma Sud, poi diffusa in tutta la Capitale, ma anche nel resto d’Italia, l’uso di chiedere il caffè al vetro, anche se ormai è più da turisti che da romani de Roma. A me piace perché gusto il caffè anche con gli occhi, la sua profondità, le sfumature, la schiuma in superficie. Ma mio marito (romano de Roma, appunto) lo beve solo in tazza e di certo qualcosa vorrà dire. Insomma, se sei di Roma, offrire al bar il caffè al vetro ai vostri ospiti farà vivere loro un’esperienza quasi esotica. Per me è stato così, ormai tanti anni fa.
Ma veniamo ai caffè migliori di Roma. A Roma e dintorni intanto ci sono numerose torrefazioni, ecco perché anche qui è un rito, senza togliere nulla alla bella Napoli. Il caffè dev’essere quello che ti lascia il buon sapore in bocca, non amara, acida o sporca. Il buon caffè è quello che ti accompagna senza rovinarti il palato, quello per cui non serve il bicchiere d’acqua dopo, ma solo prima (immagino saprete che bere l’acqua offerta dopo il caffè è un chiaro segno al barista che vi ha servito un caffè che non è buono).
Il caffè, poi, non si degusta mai al ristorante, se avete tempo, uscite e cercate il bar migliore in zona. Così dedicate il tempo e la ricerca al vostro caffè, invece di utilizzarlo per cancellare immediatamente il pasto.
Andiamo al sodo e iniziate fin da ora a immaginare quel sentore che solo un buon caffè sa lasciarvi in bocca. Meglio ancora se bevuto amaro, ma a voi la scelta.
Siamo in un precario equilibrio tra post confinamento Coronavirus (o lockdown, come abbiamo imparato a chiamarlo) e desiderio di tornare a vivere e per molti di noi viaggiare è una parte consistente della vita: della socialità, del lavoro, del piacere. Stiamo cercando un nuovo spazio tra il pre Covid-19 che non tornerà più (così com’è cambiato il modo di viaggiare dopo l’attentato terroristico alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, come punto di non ritorno) e il post Covid-19, che non esiste ancora, perché siamo in emergenza sanitaria.
AGGIORNAMENTO SU BAGAGLIO A MANO IN AEREO – 26 GIUGNO 2020
Nei quasi tre mesi in cui siamo stati costretti all’interno delle mura di casa, abbiamo continuato a tenere attiva la nostra mente, a lavorare, a porci delle domande, ma abbiamo anche cercato di soffocare un pochino il desiderio di normalità perché gli esperti in qualsivoglia materia – online, in televisione e sui giornali – ci hanno detto che, sì, saremmo cambiati e chissà quando saremmo tornati a una “nuova” normalità. Per cui adesso ci muoviamo in punta di piedi tra il sito web per prenotare un volo o una vacanza e le ultime notizie che ci informano su come ci si può spostare nello Spazio Schengen e nel resto del mondo. Ma abbiamo voglia di stare otto o dodici ore in volo di fianco a un estraneo di cui non sappiamo niente e che magari non si cambia la mascherina ogni quattro ore, come chiesto dalle compagnie aeree? Di certo in questi mesi abbiamo capito che si può fare tutto a un ritmo diverso, un po’ più lento. E se questo avesse influito anche sul modo di viaggiare? Se dobbiamo arrivare in aeroporto molto prima rispetto ai soliti tempi per superare i nuovi controlli di sicurezza ed evitare assembramenti, sceglieremo di organizzare un weekend in una capitale europea? Oppure aspetteremo di avere più giorni? Insomma, il viaggio mordi e fuggi a cui eravamo abituati – soprattutto dopo l’avvento delle compagnie aeree low cost che ci hanno fatto dimenticare gli esborsi di danaro (o la rinuncia, direttamente) di un biglietto in stile anni Novanta – continuerà a esistere? E se fosse la volta buona che la gente smetterà di fare le tacche sull’atlante del tipo: “qui ci sono stato, qui no, qui sì, tu quante città hai visitato? Io ho un Paese più di te” come se si dovesse fare a gara a chi ha passato più tempo in quota e come se fosse quella tacca in più che davvero ci ha fatto comprendere un luogo del mondo, la sua cultura, la sua storia? No, perché per questo si può iniziare a fare un buon lavoro fin da casa, studiando e informandosi, proprio per viaggiare in modo più consapevole. Però al selfie con il luogo iconico da postare su Instagram non si può rinunciare ed è più facile da realizzare, giocando un po’ con i filtri, rispetto a una lettura di spessore. È un po’ la solita storia: tutti parlano di tutto, ma pochi sanno farlo e sono padroni della materia e quindi sono consapevoli di ciò che dicono. E allora partiamo da qui e vediamo di raccogliere le prime indicazioni che abbiamo su come cambierà post Covid-19 il modo di viaggiare degli italiani fin da questa estate e da come cambierà anche l’offerta ma anche quali sono le nuove regole per volare di cui già si sa qualche cosa.
Che cosa fare durante la quarantena. È una delle domande che più spesso, in questo periodo, è rivolta a Google e ai motori di ricerca, come se potessero, loro, darci una risposta o una strada da seguire, un programma a cui attenerci per tenere alto lo spirito e per superare un momento che è indubbiamente inatteso, buio e difficile. Solo fino a 50 giorni fa, mai avremmo immaginato di restare chiusi in casa, come se fossimo intoccabili e superiori rispetto a chi già si stava ammalando a sole 11 ore di volo da noi, rispetto a chi già stava soffrendo e forse aveva qualcosa da insegnarci affinché potessimo essere più pronti di come ci ha trovati il virus.
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