Manhattan è una città a più livelli. La metropolitana sotto terra. Il traffico congestionato da taxi gialli e limousine lungo le strade. Poi le decine di piani dei palazzi che puntano verso il cielo. Tra le nuvole. Ed è proprio quassù che – soprattutto negli ultimi anni – sono stati inaugurati i rooftop, i bar e i ristoranti dai quali ammirare i tetti di New York City. Si sbircia nelle finestre sempre illuminate del grattacielo di fronte, restando quasi incantati a scoprire le vite degli altri. Si aspetta che il tramonto infuochi il cielo e che il sole tramonti dietro alla skyline in continua evoluzione. Si sorseggia un cocktail sulle terrazze illuminate da mille luci.
Piemonte, la Sacra di San Michele
La Sacra di San Michele dal 1994 è il monumento simbolo del Piemonte ed è stata di ispirazione per Umberto Eco che in un monastero ha ambientato Il nome della rosa, giallo storico e deduttivo del 1980 e che io credo di aver letto una decina di volte dagli anni delle scuole medie in poi. Dal romanzo, nel 1986 è stato tratto l’omonimo film per la regia di Jean-Jacques Annaud (impossibile dimenticare Sean Connery nei panni di Guglielmo e il giovanissimo Christian Slater in quelli del co-protagonista Adso). L’idea iniziale di Eco era proprio quella di girare il lungometraggio alla Sacra di San Michele, ma poi la produzione preferì ricostruire tutto negli studi di CineCittà.
Ecco, io la Sacra l’ho sempre vista dall’autostrada. Svettare imponente sulla cima del monte Pirchiriano. Finalmente ad agosto l’abbiamo visitata.
Camargue, là dove soffia il Mistral
La Camargue mi ha ammaliata con le sole parole di un libro letto durante la lontana estate di Italia 90, nel passaggio tra la quinta elementare e l’adolescenza della scuola media. Ho iniziato a sognare quella terra sospesa tra paludi e gitani, tra Provenza e mare, tra sud della Francia e Catalogna e Andalusia con la copertina di Là dove soffia il Mistral di Giovanna Righini Ricci. Quei cavalli dal manto grigio che – tra sole, sabbia e salsedine – sembra quasi bianco e con le criniere mosse dal vento.
In tanti anni ho immaginato luoghi bellissimi, selvaggi, storie d’amore, passeggiate lungo il Rodano che taglia la vicina Arles e sotto le stelle che, lì, sono più grandi e più luminose e sembra davvero di poterle sfiorare con la punta delle dita. Ne ho sentito tanto parlare da Lavinia che con quei luoghi ha un rapporto profondo e questi racconti portavano sempre un po’ di magia e hanno fatto crescere ancora di più il mio desiderio di visitare la Camargue. Fino a quando Francesco e io abbiamo organizzato un viaggio nella Francia meridionale.
La doppia Sicilia di Montalbano
L’altra sera ho ricevuto una inattesa telefonata dall’amico con l’accento più siciliano che ho. Da quasi 15 anni vive a Milano, ma non ha perso niente della sua terra nemmeno nel tono di voce. Stefano è di Ragusa e, sentirlo, mi ha dato l’idea per questo post: la Sicilia di Montalbano.
Quello che abbiamo conosciuto nella serie tv della Rai, ambientato appunto tra Ragusa, Modica e Scicli, e quello come lo immagina Andrea Camilleri quando ne descrive le avventure che si svolgono tra Agrigento e Porto Empedocle, ma che nei libri diventano Vigata, Montelusa, Marinella.
Cinque Terre, la Via dell’Amore
La Via dell’Amore non è mai stata molto fortunata. Creata intorno al 1920 per poter costruire il tratto ferroviario (quasi tutto in galleria) La Spezia-Genova, è poi piaciuta così tanto ai liguri e ai turisti che, dopo averla ampliata, è diventata la famosa passeggiata a picco sul mare che collega Riomaggiore e Manarola, due delle Cinque Terre. Però, nella sua breve vita, è rimasta chiusa troppo a lungo. Ogni volta una spiegazione: costi alti, va messa in sicurezza, le priorità del luogo sono altre, le pareti franano. Ed è vero e tutti siamo a conoscenza dell’incidente del settembre del 2012.
Questa bonifica della strada va fatta. Non si può lasciare chiusa la Via dell’Amore, uno dei panorami più belli d’Italia. Non si può lasciare in disparte una zona incantevole della Liguria, che ha sempre richiamato turisti da tutto il mondo.
Ora, se non conoscete questa parte di mare d’Italia, vi mostriamo noi qualche scatto e trarrete voi le conclusioni.
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Londra, la sorpresa di un raggio di sole
Non tutti viaggiamo con lo stesso spirito. Conosco molte persone che lo fanno solo per dire, al ritorno e davanti agli amici, “sono stato lì” (implicitamente significa “sono uno tosto perché me lo posso permettere”). Ne conosco altrettante per le quali non c’è differenza sia che si trovino a sorseggiare fresco succo di papaya in piena foresta Amazzonica, sia che stiano assaggiando tapas in un baretto lungo la spiaggia di Barceloneta. Intanto sono focalizzati solo sul portare in giro se stessi, senza mettersi in gioco con quello che li circonda, con il modo di vivere, senza respirare davvero l’aria che li circonda. Conosco chi resta chiuso come se fosse a girarsi i pollici sul divano di casa anche trovandosi dall’altra parte del mondo e chi non sa stupirsi davanti a una notte infinita come possono essere quelle estive in Svezia o quando, dopo ore di scomodi pullman e di sudore dei vicini di posto, si trova faccia a faccia con i camini delle fate in Cappadocia, in Turchia.
Bene, io faccio parte di quelle persone che se non entrano dentro alle fibre di una città, nelle viscere di un luogo, allora hanno sbagliato l’approccio del viaggio e rischiano di non portarsi a casa un bel niente. E ci soffrono.
E mi è successo.
Ad esempio con Londra, che non ho amato fino a quando non ci sono stata con Francesco.
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Berlino, cenare nella cupola del Reichstag (e 10 cose da vedere)
Detesto aspettare. Stare in coda.
Soprattutto in vacanza (in realtà sempre). Mi sembra di perdere tempo, di buttare via momenti preziosi che avrei potuto utilizzare in altro modo.
Avete presente quando non ci si muove nemmeno di un passo per minuti che sembrano ore e ci si gira per vedere quanto è aumentata la ressa dietro di noi, per consolarci e trovare una ragione valida nello stare lì, fermi, sperando in una accelerata improvvisa? In questi casi, di solito, l’unica cosa che scorre è il tempo.
Allora basta! Dopo aver rinunciato a vedere alcuni posti (mangiandoci poi le mani), Francesco e io abbiamo imparato a muoverci in anticipo, prenotando ingressi, visite, cene, spettacoli. Ormai si può fare un po’ dappertutto. Anche per il Museo del Louvre, a Parigi, non abbiamo atteso un solo minuto (ho aggiunto questa frase solo per rimandarvi ad un altro post, lo confesso).
Questa premessa per suggerirvi un modo per entrare nella cupola di vetro del Reichstag a Berlino, gratis e sbeffeggiando la fila che si snoda sulle scale che danno in Platz der Republik.
E’ semplice: basta andare a cena nel ristorante del Reichstag. Che non è niente male.
New York, luna di miele su Manhattan
Stringevo ancora tra le mani il bouquet di crisantemi gialli comprato al City Clerk di New York, quando abbiamo chiesto al tassista di portarci al molo da cui partono gli elicotteri per il tour sulla Big Apple. Io ne avrei fatto anche a meno, visto che sono conosciuta tra gli amici come quella che soffre di vertigini per l’altezza (leggete del Carrick-a-Rede Rope Bridge), quella che sente il vuoto come gli asini, quella che da bambina al massimo andava sul brucomela e non voleva neanche avere a che fare con chi si metteva in fila per le montagne russe.
Ma come si fa a dire di no all’uomo che hai appena sposato a Manhattan? Francesco da tempo desiderava togliersi la voglia di vedere NYC dall’alto e in effetti non c’era occasione migliore della nostra immediata luna di miele (durata circa 15 minuti).
Addosso non portavo un vistoso abito bianco, no, ma avevo comunque alcuni elementi caratterizzanti la giovane sposina e il tassista, lasciandoci al Downtown Heliport (Pier 6 & East River), ci ha fatto gli auguri per il nostro “big day“.
Ci siamo messi in fila (l’attesa, anche con la prenotazione, è comunque di tre quarti d’ora circa), abbiamo pagato (120 dollari a persona, ma ho letto online che il volo standard ora costa 150), lasciato i documenti, riposto i nostri impicci nell’armadietto a disposizione di ogni passeggero nella sala d’attesa (si può portare a bordo solo la macchina fotografica), passato la sicurezza (metal detector). Soprattutto abbiamo chiesto ad una gentile ragazza all’ingresso di prendersi cura del nostro bouquet (ne conserviamo ancora una parte in un vecchio libro).
E poi ci siamo trovati sopra NYC.