Quando mi sono trasferita a Roma due anni fa, già conoscevo la città. La prima volta mi ci avevano portata i miei genitori nel maggio della prima elementare, a metà degli anni Ottanta. Da allora sono tornata decine di volte. Vuoi per amicizia, vuoi per lavoro. E tutto quello che si deve vedere assolutamente ormai lo conoscevo abbastanza bene. Insomma, Roma non è una città che si nasconde e che cela le sue bellezze. Basta passeggiare in centro e non sfugge quasi nulla. Roma si fa guardare. Vuole essere ammirata. E così ho chiesto a Francesco di andare a scoprire quelle parti meno conosciute, quelle che restano in ombra perché quando si viene a Roma si va al Colosseo, si passeggia per i Fori, si getta la monetina a Fontana di Trevi, si scattano le foto a piazza Navona. Anche noi ci andiamo spesso, ma c’è anche molto altro da fare e vedere, qui.
Ad Amsterdam con il naso all’insù
Ci sono solo due posti al mondo – almeno fino ad ora – che mi hanno fatto stare tutto il tempo con il naso all’insù. Giorno dopo giorno, appena uscita dall’albergo. Con il rischio di finire sotto una macchina o una bicicletta. Con il piede in una pozzanghera. E, peggio ancora, dritta in un canale. La prima volta che ho visto New York, ormai una decina d’anni fa, ho avuto mal di collo per giorni. E poi Amsterdam. Ed è stato un colpo di fulmine.
Formentera, i Caraibi a due ore da Milano
Con il post su Formentera ho deciso di vincere a mani basse: chi non la conosce? O perché ci è stato e se n’è innamorato (come noi). O perché non ci è stato e crede – sbagliando! – che sia un posto da calciatori mosci a fine Campionato e per starlette in cerca di marito e di foto mezze nude. Ecco, nonostante la più piccola delle Isola Baleari (con Maiorca e Minorca) e pure la più piccola delle Isole Pitiuse (con Ibiza, ben diversa dalla sua sorellina) abbia solo circa 80 km quadrati di superficie, vi garantiamo che c’è posto per tutti. E per tutti i gusti (e tasche).
E, un piacere personale, se andate a Formentera trattatela bene, perché è bella da godere, ma non da sfruttare senza darle cure e attenzioni in cambio. L’isola è stata dichiarata Riserva Naturale e Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.
Boccadasse, a casa di Livia (di Montalbano)
C’è da dire che io credevo che Boccadasse fosse un paese. So che Andrea Camilleri, raccontandoci ogni tanto delle origini liguri di Livia, la fidanzata e compagna di vita del commissario Montalbano, si riferisce a un qualche luogo tra Genova e Recco, ma Boccadasse me l’immaginavo con le caratteristiche della Riviera di Ponente. Tipo Cogoleto, Pietra Ligure. Chissà perché, poi.
E’ bastato cercare in rete – non ci vuole molto in effetti – ed eccola lì, Boccadasse. E’ un antico borgo marinaro (Boca d’azë o Bocadâze in genovese) della città di Genova e confina con i quartieri di Foce e di San Martino. Per arrivarci, vi basterà prendere l’uscita dell’autostrada Genova Ovest, percorrere tutto corso Italia, parcheggiare, scendere al mare. Ecco il borgo e il Capo di Santa Chiara. La sua baia, la sua spiaggetta di ciottoli, che fino a due anni fa era occupata dalle imbarcazioni della gente del posto e che tutt’oggi è territorio dei gabbiani, soprattutto in una giornata di mareggiata e pioggia come è stata il giorno del mio compleanno. Lo scorso 9 giugno.
Camargue, là dove soffia il Mistral
La Camargue mi ha ammaliata con le sole parole di un libro letto durante la lontana estate di Italia 90, nel passaggio tra la quinta elementare e l’adolescenza della scuola media. Ho iniziato a sognare quella terra sospesa tra paludi e gitani, tra Provenza e mare, tra sud della Francia e Catalogna e Andalusia con la copertina di Là dove soffia il Mistral di Giovanna Righini Ricci. Quei cavalli dal manto grigio che – tra sole, sabbia e salsedine – sembra quasi bianco e con le criniere mosse dal vento.
In tanti anni ho immaginato luoghi bellissimi, selvaggi, storie d’amore, passeggiate lungo il Rodano che taglia la vicina Arles e sotto le stelle che, lì, sono più grandi e più luminose e sembra davvero di poterle sfiorare con la punta delle dita. Ne ho sentito tanto parlare da Lavinia che con quei luoghi ha un rapporto profondo e questi racconti portavano sempre un po’ di magia e hanno fatto crescere ancora di più il mio desiderio di visitare la Camargue. Fino a quando Francesco e io abbiamo organizzato un viaggio nella Francia meridionale.
Tour d’Irlanda
E’ tempo di pensare ai viaggi estivi. Quelli che di solito si organizzano con un po’ d’anticipo. Perché quando li si programma è un po’ come viverli due volte (tre nei ricordi, quattro se avete un travelblog, cinque sei e oltre se rileggete i post del vostro blog!).
L’estate scorsa, ad agosto, siamo stati in Irlanda e confesso che ero molto scettica, quando mio marito se n’è uscito con questa proposta. Mi sembrava un posto scontato, un viaggio un po’ da sbarbati. Che errore! Credetemi se vi dico che da allora penso quasi ogni giorno all’Irlanda. Non sto scherzando. Ci sono particolari e momenti che mi vengono in mente all’improvviso e mi perdo nei ricordi di quella bellissima vacanza.
I mostri di Bomarzo
C’è da dire che quando ho sentito parlare di Parco dei Mostri – tac! – mi si sono drizzate le antenne, perché nutro da sempre una passione morbosa verso tutto ciò che è mostruoso, per i freaks e i gargoyles. Per i luoghi che sanno di mistico. E, questo, è proprio una sorta di percorso di purificazione e di espiazione. Arriva alla fine, al tempietto, solo chi ha superato le insidie delle creature grottesche che si trovano lungo il cammino. Un giardino sospeso tra il sacro e il profano, tra l’ordine e il caos. Immerso in una campagna bucolica, in cui le piante sembrano essere lasciate a se stesse, in cui il rigore dei giardini geometrici all’italiana cede il posto all’improvvisazione della natura.
La doppia Sicilia di Montalbano
L’altra sera ho ricevuto una inattesa telefonata dall’amico con l’accento più siciliano che ho. Da quasi 15 anni vive a Milano, ma non ha perso niente della sua terra nemmeno nel tono di voce. Stefano è di Ragusa e, sentirlo, mi ha dato l’idea per questo post: la Sicilia di Montalbano.
Quello che abbiamo conosciuto nella serie tv della Rai, ambientato appunto tra Ragusa, Modica e Scicli, e quello come lo immagina Andrea Camilleri quando ne descrive le avventure che si svolgono tra Agrigento e Porto Empedocle, ma che nei libri diventano Vigata, Montelusa, Marinella.
Monferrato, una merenda sinoira
Almeno tre o quattro giorni alla settimana, appena uscita da scuola, dalla città si andava in collina. Anche quando la nebbia non faceva vedere ad un palmo dal naso e mia mamma riusciva a guidare solo perché conosce quella strada come se fosse stata lei a disegnarla.
E ci sono degli odori e dei profumi – ma anche dei colori e dei sapori – di quegli anni che conservo nella memoria dei sensi oggi come ieri e appena mi sembra di captarli nell’aria si apre quel prezioso cassetto dei ricordi. Ed è così per sempre. A me capita con il profumo dell’erba tagliata. Sono cresciuta nel Monferrato e dai nonni, con il primo sole, era tutto un tagliare l’erba del prato. Sembrava che, a restarla a guardare, sarebbe ricresciuta subito.
E oggi come ieri anche solo passando in macchina in mezzo allo smog di una stradaccia appena fuori città, se sento il profumo dolciastro di erba tagliata devo abbassare il finestrino e rimpirmi i polmoni. Per rivedere i visi dei nonni. Per sentire le loro voci in dialetto. Quel dialetto piemontese che sa un po’ di francese. E l’odore della nebbia. Quella fitta e densa che entra nel naso. Sa di bagnato, di umido, di stufa.
Olanda, i mille colori dei tulipani di Keukenhof
Riconosciamo un fiore dall’altro per la sua forma, per il colore, per il suo profumo. E c’è un fiore che si può riconoscere anche dal suono che produce. E’ il tulipano. Sfregando con delicatezza le sue lunghe foglie carnose e lo stelo, diffonde una voce diversa dal fruscio degli altri fiori mossi dal vento. Come se fosse di gomma. Come se parlasse. E un po’ si lamentasse, quando viene raccolto.
Per vedere i tulipani in tutte le loro varianti di petali e di sfumature in Olanda ci sono due mesi a disposizione ogni primavera: da fine marzo a fine maggio si può andare a Keukenhof, non lontanto da Amsterdam.