Questo è il racconto di un viaggio che dura da 26 anni e che continua a svolgersi con dedizione, amore e impegno ogni giorno dall’altra parte del mondo: in Perù. Io lo seguo da lontano, ma con affetto e attenzione, da 10 anni. E’ una storia che racconta di come si possa dare aiuto concreto a bambini in seria difficoltà. E’ vedere che l’erba prima o poi cresce su quei terreni aridi e polverosi, la luce un bel giorno illumina le notti nere fino alla sera prima, le case cambiano il tetto in lamiera per diventare più solide. Questa è la storia dei bambini di Canto Grande, la più grande invasione-favela del Perù e una delle più vaste e popolose del mondo. Si trova alla periferia est di Lima, nel distretto di San Juan de Lurigancho, e conta circa 2 milioni di abitanti, ma è in continua incontrollata crescita. Questa è la vita di Claudio.
Era il marzo 2004, la televisione con cui stavo facendo il praticantato giornalistico mi aveva mandata con altri colleghi di agenzie, carta stampata, tv e radio, a seguire una missione istituzionale in Perù e, a 25 anni non ancora compiuti, non avevo mai attraversato l’Atlantico. Era la mia prima volta e la mia prima volta per lavoro così lontana da casa. Non c’era un operatore con me, avrei dovuto cavarmela da sola, seguire i lavori e portare a casa immagini e interviste per realizzare dei servizi al mio ritorno. In quell’unico giorno libero a Lima, con tre colleghi, ho lasciato ad altri la strada dello shopping e dello svago per scoprire l’altra faccia di quella città enorme – più di 12 milioni di abitanti – ostaggio della garua, la nebbia che si alza dall’Oceano Pacifico e avvolge ogni cosa. Fino a quel momento il viaggio di lavoro in Perù per noi significava la città di Trujillo, a nord della capitale, con le sue belle case in stile coloniale, il sito archeologico di Chan Chan, la più grande città precolombiana dell’America meridionale, e i due quartieri più eleganti di Lima, Miraflores e San Isidro.
Quel giorno di marzo di dieci anni fa ho conosciuto Claudio Ratti. Tanti flash, di quella giornata. Lui che viene a prenderci con un’auto scassata davanti all’albergo di lusso di Miraflores e la sicurezza che non lascia che si avvicini all’ingresso. Il tragitto in macchina con il caldo umido che in pochi minuti tramutò abiti stirati in panni umidi appiccicati alla pelle. La città che man mano si allontanava e a me sembrava di entrare nella terra di nessuno. Non c’erano strade asfaltate, non c’era verde, non c’erano case, ma baracche. Galline che scorrazzavano, bambini scalzi con quei sorrisi che conquistano al primo sguardo, occhi neri a mandorla. Odore di pollo, odore di terra. Tende grezze al posto delle porte. Lamiere ondulate invece dei tetti. Ragazzine che vendevano caramelle. Una alla volta. E forse riuscivano a smerciarne solo una o due lungo un’intera giornata. Anche di macchine non se ne vedevano più. Solo qualche piccolo pullman collettivo lungo l’arteria principale. E rumorosi motocicli con attaccato un carretto per il trasporto di un paio di persone.
Claudio, missionario laico a Lima e che ancora parla con accento canturino, si occupa della Fondazione Anna d’Ambrosio De Piscopo dal 1988. La Fondazione è un’istituzione cristiana senza scopo di lucro, fondata da padre Miguel Piscopo per aiutare bambini e giovani in situazioni di abbandono morale e materiale, per educarli, alimentarli, prendersi cura della loro salute. Per i primi anni, a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, i programmi si sono svolti a La Parada, quartiere degradato e violento nel centro della capitale peruana. Quando la Fondazione si trasferì a Canto Grande, ancora non c’erano né luce né acqua. Solo una distesa di terra polverosa color del piombo. Grazie a Claudio, che vive con la moglie limeña e i loro quattro figli ormai grandi, e ai volontari che ogni giorno con grandi sorrisi si prodigano per i bambini in difficoltà, si sono costruite le prime scuole, le casette per lo studio, come le chiamano loro. La prima casetta risale al 1992: Hogar de Nazareth, in cui oggi oltre 140 alunni frequentano le lezioni ogni giorno, poiché andare nelle altre scuole sarebbe impossibile per le condizioni economiche delle famiglie. Man mano, su questa terra di sabbia – che, appena si leva un filo di vento, entra nelle nari e negli occhi e in ogni piega della pelle – sono state costruite altre casette: la casita Jogitas de Jesùs, la casita de Santa Anna, la casita de la nina Maria, la casita de San Francesco, la casita de Santa Marta e Michele, la casita de San Bassiano, la casita de Lucho. Il 17 agosto 2013 è stata inaugurata la casita de Santa Maria. Nei primi giorni di apertura della nuova struttura, al programma partecipavano 5 bambini, poi con il passa parola sempre di più: adesso sono circa 30. E in tutto, nel 2013, i bambini coinvolti sono stati 460 dai 3 ai 5 anni. Li educano gratuitamente 18 insegnanti: 14 stipendiate dallo Stato, 4 dalla Fondazione.
Ma voi come le immaginate, queste casine? Sono piccoli prefabbricati di una o due stanze, tre al massimo, tappezzate di disegni colorati. Non sono al centro di un rigoglioso giardino. Il più delle volte non esiste neppure una pianta che possa fare ombra, o una strada. A volte raggiungere queste piccole scuole quasi arroccate tra decine e centinaia di abitazioni tutte uguali non è facile. Non ci sono mezzi di trasporto, si scivola, si può cadere. Da qualche anno, quelli che prima erano territori desertici, a poco a poco hanno iniziato a ricevere l’acqua corrente – che altrimenti viene distribuita un paio di volte alla settimana con grandi camion che si inerpicano finché i pneumatici riescono a fare presa – e poi arriva anche la corrente elettrica, la luce. E la gente più povera inizia a invadere – ecco perché le chiamano invasiones – le montagne più alte e più brulle, perché per le nuove case non c’è più spazio. E prima o poi, anche lassù, arriveranno acqua e luce. Altrimenti, fino ad allora, l’unica luce è quella degli occhi e dei sorrisi dei bambini di Claudio.
Dalle alture sembrano tutte uguali, quelle case costruite sul niente, su quelle colline grigie. Allora, per distinguerle, si è iniziato a dipingere i muri e i tetti di una tinta diversa a seconda del quartiere in cui si vive. Rosa, gialle, azzurre, verdi. Per dare un po’ di colore alla sabbia. In questo scenario che a volte ha davvero dell’apocalittico, Claudio Ratti e i suoi volontari non solo si sono conquistati la fiducia delle persone che abitano a Canto Grande, ma coinvolgono i bambini nelle lezioni e nelle attività didattiche ed extrascolastiche, accompagnandoli nella crescita, insegnando loro a evitare le strade che è meglio non percorrere. Perché, quelle, sono sempre più buie. Là, non arriva mai la luce.
La scuola a cui io sono più affezionata e che nel 2011, durante il viaggio di nozze che avevamo posticipato di qualche mese, ho voluto mostrare a Francesco “perché non si può vivere non avendo mai visto una favela“, così gli dicevo, è La Sonrisa de Mariele. Costruita nel 1998 grazie al Coro dell’Antoniano di Bologna, è dedicata ai niños especiales, 125 alunni dai 4 ai 20 anni con disabilità mentali. Oggi La Sonrisa de Mariele, che visitai la prima volta quel marzo del 2004, è un Centro di Formazione Integrale riconosciuto dallo Stato.
Questa non è gente che si lascia scoraggiare. Se opportunamente guidata e aiutata, trasforma il niente in vita. Là dove meno di cinque anni prima non c’era nulla, se non polvere e occhi sperduti, nel 2011 ho trovato mezzi pubblici, cliniche sanitarie, negozi, qualche centro commerciale. La vita si è fatta strada.
Scrivo spesso a Claudio per sapere come sta lui, la sua famiglia, i suoi bambini. E mi risponde dicendomi che i bambini sono anche miei e di Francesco. Le sue parole così semplici hanno il dono di aprire quel cuore a cui, nella quotidianità, a volte si dà poco spazio, quasi lo si soffoca.
Questo non è un appello per chiedere donazioni, né un invito a fare un viaggio per visitare le invasiones. E’ solo la storia di chi fa ogni giorno del bene. Ecco perché se non sapete a chi donare il vostro 5 per mille, potete pensare alla Fondazione Anna D’Ambrosio De Piscopo di cui Claudio Ratti è il responsabile a Lima, oppure all’Associazione Solidarietà Italia Perù, che segue i finanzia di Claudio e quello delle donne andine di Layo, dopo aver per tanto tempo sostenuto le donne di Calapuja. Italia Perù Onlus forma le donne andine e poi le segue per trovare i clienti a cui vendere i manufatti di alpaca. Qui la pagina Facebook. Se volete dare il vostro contributo alle casette di Canto Grande, potete andare sul sito Rete del Dono a questo link. In questi giorni Claudio sta cercando di superare l’ostacolo più grande per riuscire a costruire una nuova casa/scuola, quello del terreno. Come mi ha raccontato Grazia dell’Associazione Italia Perù, è sempre la parte più complessa perché c’è sempre qualcuno pronto a dire che quel pezzo di terra gli appartiene. Non ci sono registri, su quelle colline di sabbia, fino a che la luce non arriva.
Proprio l’altro giorno Claudio mi ha scritto che adesso i bambini sono quasi 700 in tutte le scuole, compresi i niños especiales, ma – come dice lui – sono speciali nel significato italiano. “Hanno da 4 ai 26 anni, e ci ricompensano con i loro abbracci, baci e sorrisi, che sono i doni piú belli che potremmo ricevere. Doni che simbolicamente vi inviamo, sono sicuro che renderanno felici anche voi”.
Le foto che seguono sono state scattate nel marzo/aprile 2014 da Grazia Callegari, che ringrazio per gli aggiornamenti e non solo.
Nicola says
Io e la mia famiglia abbiamo visitato questi luoghi nel 2004, la prima volta e nel 2009 la seconda. Tra le due visite ci sono stati notevolissimi e positivi cambiamenti. E’ una realtà bellissima e dolorosissima, ma deve essere vissuta per capire tutte le emozioni che può suscitare. Quando ne parlo con gli amici dico: “è come un documentario visto in tv, solo che anche se non ti piace guardare quello che hai sotto gli occhi, non puoi cambiare canale, e sei costretto a vedere, a riflettere ed a cercare di capire”
Dal 2000 ho con la Fondazione di Sa Juan de Lurigancho un’adozione a distanza, Quando sono stato lì ho potuto abbracciare la bambina a noi assegnata, e questo ha aggiunto grande gioia.
Grazie per avermi dato l’opportunità di ritornare in quel luogo, che spero di poter rivedere.
valigiaaduepiazze says
Caro Nicola, che belle parole, che bello che tu abbia condiviso questa parte della vostra vita con noi!
Hai voglia di scrivermi in privato per darmi un contatto della Fondazione San Juan de Lurigancho per le adozioni a distanza? Mandami una mail a valigiaaduepiazze@gmail.com, te ne sarei grata!
Grazie mille, un abbraccio!
Elisa
Roxana says
Veramente meraviglioso, ho delle fotografie del Architetto Ernesto Payet ( Il mio Cugino) insieme a Cino Tortorella, esaminando il progetto del Centro per Bambini speciali, chiamato “La sonrisa de Mariele”, siete grandiii
valigiaaduepiazze says
Che bellissimo ricordo, Roxana! E viva sempre Claudio e i bambini.
Regina says
Por favor tiene contacto para Claudio Ratti aquí en Lima, soy amiga de él (Hermana Regina) Canto Grande.
Por favour perdí los números que tuve para el.
Regi.
valigiaaduepiazze says
Puedes probar este correo electrónico: ratticlaudio@speedy.com.pe
Saludos!