C’è da dire che quando ho sentito parlare di Parco dei Mostri – tac! – mi si sono drizzate le antenne, perché nutro da sempre una passione morbosa verso tutto ciò che è mostruoso, per i freaks e i gargoyles. Per i luoghi che sanno di mistico. E, questo, è proprio una sorta di percorso di purificazione e di espiazione. Arriva alla fine, al tempietto, solo chi ha superato le insidie delle creature grottesche che si trovano lungo il cammino. Un giardino sospeso tra il sacro e il profano, tra l’ordine e il caos. Immerso in una campagna bucolica, in cui le piante sembrano essere lasciate a se stesse, in cui il rigore dei giardini geometrici all’italiana cede il posto all’improvvisazione della natura.
Monferrato, una merenda sinoira
Almeno tre o quattro giorni alla settimana, appena uscita da scuola, dalla città si andava in collina. Anche quando la nebbia non faceva vedere ad un palmo dal naso e mia mamma riusciva a guidare solo perché conosce quella strada come se fosse stata lei a disegnarla.
E ci sono degli odori e dei profumi – ma anche dei colori e dei sapori – di quegli anni che conservo nella memoria dei sensi oggi come ieri e appena mi sembra di captarli nell’aria si apre quel prezioso cassetto dei ricordi. Ed è così per sempre. A me capita con il profumo dell’erba tagliata. Sono cresciuta nel Monferrato e dai nonni, con il primo sole, era tutto un tagliare l’erba del prato. Sembrava che, a restarla a guardare, sarebbe ricresciuta subito.
E oggi come ieri anche solo passando in macchina in mezzo allo smog di una stradaccia appena fuori città, se sento il profumo dolciastro di erba tagliata devo abbassare il finestrino e rimpirmi i polmoni. Per rivedere i visi dei nonni. Per sentire le loro voci in dialetto. Quel dialetto piemontese che sa un po’ di francese. E l’odore della nebbia. Quella fitta e densa che entra nel naso. Sa di bagnato, di umido, di stufa.
Olanda, i mille colori dei tulipani di Keukenhof
Riconosciamo un fiore dall’altro per la sua forma, per il colore, per il suo profumo. E c’è un fiore che si può riconoscere anche dal suono che produce. E’ il tulipano. Sfregando con delicatezza le sue lunghe foglie carnose e lo stelo, diffonde una voce diversa dal fruscio degli altri fiori mossi dal vento. Come se fosse di gomma. Come se parlasse. E un po’ si lamentasse, quando viene raccolto.
Per vedere i tulipani in tutte le loro varianti di petali e di sfumature in Olanda ci sono due mesi a disposizione ogni primavera: da fine marzo a fine maggio si può andare a Keukenhof, non lontanto da Amsterdam.
Irlanda del Nord, la Contea di Antrim: Giant’s Causeway
Per un amante della fotografia che cosa può significare, secondo voi, arrivare alla Giant’s Causeway senza macchina fotografica? E – soprattutto – non sapendo dove sia finita perché non ce n’è traccia. E – ancora peggio – con già oltre mille scatti fatti. Ricordi di una intera vacanza.
Ve lo racconto io.
Il Selciato del Gigante è uno di quei paesaggi irreali che potrebbero fare da location al film Lo Hobbit o a qualche pellicola post Giudizio Universale. E’ uno di quei non luoghi in cui puoi perdere la misura del tempo e dello spazio. Noi abbiamo perso la macchina fotografica.
Irlanda del Nord, la Contea di Antrim: Carrick-a-Rede
Certo, dalla foto non lo direste proprio, eppure ci sono giornate che nascono sbagliate (e allora si sta un po’ allerta) e altre che ingannano perché iniziano bene e all’improvviso si trasformano in un (mezzo) disastro. Mi riferisco ai due giorni (addirittura consecutivi!) che hanno messo alla prova la pazienza già scarsa che abbiamo Francesco e io, ma ancor più, gli ultimi giorni di vacanza di un viaggio che abbiamo amato moltissimo e che sarà argomento di numerosi post. Quello in Irlanda e Irlanda del Nord.
Il giardino segreto di Ninfa
Forse è una lettura più da femmina, ma di sicuro molti di voi negli anni delle medie avranno letto Il giardino segreto, romanzo di inizio Novecento di Frances H. Burnett.
Quando, quell’ottobre, siamo entrati nel Giardino di Ninfa, ho avuto l’impressione di essere stata catapultata tra le pagine di quel vecchio libro, che ancora mi viene sotto mano, a casa dei miei genitori, tra appunti e diari nella mia camera. Ormai venti anni fa e più, mi piacque molto: l’avevo letto alla fine di una estate, quando si è particolarmente malinconici e si stanno per rivedere i compagni di scuola, salutati a giugno e di sicuro cambiati nei tre mesi di lontananza.
Così me l’immaginavo e così l’ho trovato davvero, tra Norma e Sermoneta, nel comune di Cisterna di Latina. A un’ora di macchina da Roma.
Ho sempre sognato di scattare una foto così |
Castello di Pralormo, una distesa di tulipani
Ci sono luoghi che si ha la necessità fisica di far conoscere alla persona che ami. Di visitare in due. Di ricordare insieme.
“Se non ti porto lì, è come non esserci mai stato”, ci dicevamo a vicenda Francesco e io. Certo, entusiasmo dei primi tempi, ma in realtà ancora funziona così, per noi. Abbiamo bisogno di condividere e di vivere insieme e il nostro tempo libero è organizzato per non sprecarne neppure un momento.
E non esagero, consigliandovi di visitare il Castello di Pralormo, in provincia di Torino. In particolare, andateci nel mese di aprile, perché ormai da anni si organizza l’evento Messer Tulipano: il parco del castello si trasforma in una distesa di tulipani. Qualunque aggettivo non sarebbe abbastanza, meglio le nostre immagini (edizione 2010).
Civita, la città che muore
Si fa presto a dire “andiamo a fare un giro da qualche parte”, la domenica mattina. Molto meglio dormire un po’ di più – mio marito -, bighellonare per casa – io -, prendersi più coccole del solito – Margherita, la nostra Bolognese di 4 anni e mezzo, una figlia, insomma -. E poi ci si trascina, lenti, a fare un brunch.
Eppure ogni tanto questa pigrizia domenical/invernale riusciamo a vincerla. E’ successo così un paio di settimane fa e siamo andati a Civita di Bagnoregio, un’ora e mezza di macchina da Roma. Al confine tra Lazio e Umbria, non lontana da Orvieto.
Civita è conosciuta come La città che muore – che fa un po’ triste, ma la rende pure più magica – perché è isolata su rocce tufacee e la vallata intorno continua a sprofondare un po’ ogni giorno.
Civita di Bagnoregio ricorda un presepe, in particolare al tramonto, quando si accendono le prime luci, ed è raggiungibile da un lungo ponte che collega Bagnoregio e il belvedere a Civita, la sua frazione.
I residenti nel borgo che muore sono sei. Ho detto tutto.
Ancora più suggestivo è trovare Civita immersa nella nebbia. Sembra un’isola. Sembra Avalon, nelle mie fantasie di bambina. Qui un esempio.