È l’estate che ricorderemo per le distese di lavanda e i girasoli più alti di noi. Già, perché se la coltivazione della lavanda negli ultimi anni ha preso piede in diverse zone d’Italia, quella del girasole che appartiene da tempo al nostro Paese non si può ammirare ogni anno. Il girasole dev’essere coltivato a rotazione nei campi perché ha bisogno di molto nutrimento e seminato sempre nella stessa zona rischierebbe di impoverire il terreno. Ecco perché la caccia ai campi di girasole ogni estate ricomincia da zero ed è un vero e proprio passaparola, quello per trovare per tempo i fiori nel pieno della loro bellezza. Ora però bisogna correre per non perdere la lavanda: quando le api avranno finito di poggiarsi sui fiori, sarà ora di tagliarla e di solito nel Monferrato, in Piemonte, questo avviene tra la fine del mese di luglio e i primi giorni di agosto. Ma sul ciclo della natura – e delle api in particolare – non si comanda. Da scoprire di certo è La Lavanda di Lu, di Sergio Amadori, in un campo in collina nel Comune di Quargnento, tra Lu e Cuccaro Monferrato.
Turismo, viaggi e Coronavirus: come si vola e come cambia il nostro modo di viaggiare
Siamo in un precario equilibrio tra post confinamento Coronavirus (o lockdown, come abbiamo imparato a chiamarlo) e desiderio di tornare a vivere e per molti di noi viaggiare è una parte consistente della vita: della socialità, del lavoro, del piacere. Stiamo cercando un nuovo spazio tra il pre Covid-19 che non tornerà più (così com’è cambiato il modo di viaggiare dopo l’attentato terroristico alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, come punto di non ritorno) e il post Covid-19, che non esiste ancora, perché siamo in emergenza sanitaria.
AGGIORNAMENTO SU BAGAGLIO A MANO IN AEREO – 26 GIUGNO 2020
Nei quasi tre mesi in cui siamo stati costretti all’interno delle mura di casa, abbiamo continuato a tenere attiva la nostra mente, a lavorare, a porci delle domande, ma abbiamo anche cercato di soffocare un pochino il desiderio di normalità perché gli esperti in qualsivoglia materia – online, in televisione e sui giornali – ci hanno detto che, sì, saremmo cambiati e chissà quando saremmo tornati a una “nuova” normalità. Per cui adesso ci muoviamo in punta di piedi tra il sito web per prenotare un volo o una vacanza e le ultime notizie che ci informano su come ci si può spostare nello Spazio Schengen e nel resto del mondo. Ma abbiamo voglia di stare otto o dodici ore in volo di fianco a un estraneo di cui non sappiamo niente e che magari non si cambia la mascherina ogni quattro ore, come chiesto dalle compagnie aeree? Di certo in questi mesi abbiamo capito che si può fare tutto a un ritmo diverso, un po’ più lento. E se questo avesse influito anche sul modo di viaggiare? Se dobbiamo arrivare in aeroporto molto prima rispetto ai soliti tempi per superare i nuovi controlli di sicurezza ed evitare assembramenti, sceglieremo di organizzare un weekend in una capitale europea? Oppure aspetteremo di avere più giorni? Insomma, il viaggio mordi e fuggi a cui eravamo abituati – soprattutto dopo l’avvento delle compagnie aeree low cost che ci hanno fatto dimenticare gli esborsi di danaro (o la rinuncia, direttamente) di un biglietto in stile anni Novanta – continuerà a esistere? E se fosse la volta buona che la gente smetterà di fare le tacche sull’atlante del tipo: “qui ci sono stato, qui no, qui sì, tu quante città hai visitato? Io ho un Paese più di te” come se si dovesse fare a gara a chi ha passato più tempo in quota e come se fosse quella tacca in più che davvero ci ha fatto comprendere un luogo del mondo, la sua cultura, la sua storia? No, perché per questo si può iniziare a fare un buon lavoro fin da casa, studiando e informandosi, proprio per viaggiare in modo più consapevole. Però al selfie con il luogo iconico da postare su Instagram non si può rinunciare ed è più facile da realizzare, giocando un po’ con i filtri, rispetto a una lettura di spessore. È un po’ la solita storia: tutti parlano di tutto, ma pochi sanno farlo e sono padroni della materia e quindi sono consapevoli di ciò che dicono. E allora partiamo da qui e vediamo di raccogliere le prime indicazioni che abbiamo su come cambierà post Covid-19 il modo di viaggiare degli italiani fin da questa estate e da come cambierà anche l’offerta ma anche quali sono le nuove regole per volare di cui già si sa qualche cosa.
Monferrato, un tramonto al Bar Chiuso (quando piove)
Il Monferrato è la mia terra. Mi riconosco nei suoi colori, così differenti da stagione a stagione: le spighe di grano e i girasoli, i fiordalisi e i papaveri ai bordi delle strade in estate, i grappoli d’uva con gli acini ormai turgidi e pronti per essere raccolti nel primo autunno, poi arriva la nebbia, nasconde il sole, si fa densa, corposa e rende tutto grigio prima che arrivi la neve e il paesaggio diventi bianco. La primavera è lenta ad arrivare. E’ una stagione che nel Monferrato arriva e se ne va in fretta. Non dura mai tre mesi. Da quando vivo a Roma la primavera copre la maggior parte dell’anno, ho scoperto una stagione nuova. Invece nel Monferrato stenta ad arrivare, si fa desiderare. Le piogge e l’artiglio dell’inverno le agguantano la coda e rallentano il suo arrivo. Mi riconosco negli odori del Monferrato. E tornare ogni volta è davvero sentirsi a casa. E’ una sensazione che ha del primordiale.
Almeno una volta, ogni estate, con gli amici ci incontriamo a Moleto, al Bar Chiuso (quando piove). Il tramonto è l’orario migliore. La sua magia si interrompe con le tenebre. Non c’è più il panorama che spazia sulle colline, i vigneti e i paesi di cui spicca sempre l’alto campanile della chiesa. E arrivano le zanzare. Quindi si scappa e le chiacchiere proseguono nella tappa successiva. Eppure per quelle due ore a cavallo del tramonto, è un posto incredibile e che infonde serenità.
Monferrato, una merenda sinoira
Almeno tre o quattro giorni alla settimana, appena uscita da scuola, dalla città si andava in collina. Anche quando la nebbia non faceva vedere ad un palmo dal naso e mia mamma riusciva a guidare solo perché conosce quella strada come se fosse stata lei a disegnarla.
E ci sono degli odori e dei profumi – ma anche dei colori e dei sapori – di quegli anni che conservo nella memoria dei sensi oggi come ieri e appena mi sembra di captarli nell’aria si apre quel prezioso cassetto dei ricordi. Ed è così per sempre. A me capita con il profumo dell’erba tagliata. Sono cresciuta nel Monferrato e dai nonni, con il primo sole, era tutto un tagliare l’erba del prato. Sembrava che, a restarla a guardare, sarebbe ricresciuta subito.
E oggi come ieri anche solo passando in macchina in mezzo allo smog di una stradaccia appena fuori città, se sento il profumo dolciastro di erba tagliata devo abbassare il finestrino e rimpirmi i polmoni. Per rivedere i visi dei nonni. Per sentire le loro voci in dialetto. Quel dialetto piemontese che sa un po’ di francese. E l’odore della nebbia. Quella fitta e densa che entra nel naso. Sa di bagnato, di umido, di stufa.
Castello di Pralormo, una distesa di tulipani
Ci sono luoghi che si ha la necessità fisica di far conoscere alla persona che ami. Di visitare in due. Di ricordare insieme.
“Se non ti porto lì, è come non esserci mai stato”, ci dicevamo a vicenda Francesco e io. Certo, entusiasmo dei primi tempi, ma in realtà ancora funziona così, per noi. Abbiamo bisogno di condividere e di vivere insieme e il nostro tempo libero è organizzato per non sprecarne neppure un momento.
E non esagero, consigliandovi di visitare il Castello di Pralormo, in provincia di Torino. In particolare, andateci nel mese di aprile, perché ormai da anni si organizza l’evento Messer Tulipano: il parco del castello si trasforma in una distesa di tulipani. Qualunque aggettivo non sarebbe abbastanza, meglio le nostre immagini (edizione 2010).