Ci sono solo due posti al mondo – almeno fino ad ora – che mi hanno fatto stare tutto il tempo con il naso all’insù. Giorno dopo giorno, appena uscita dall’albergo. Con il rischio di finire sotto una macchina o una bicicletta. Con il piede in una pozzanghera. E, peggio ancora, dritta in un canale. La prima volta che ho visto New York, ormai una decina d’anni fa, ho avuto mal di collo per giorni. E poi Amsterdam. Ed è stato un colpo di fulmine.
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Boccadasse, a casa di Livia (di Montalbano)
C’è da dire che io credevo che Boccadasse fosse un paese. So che Andrea Camilleri, raccontandoci ogni tanto delle origini liguri di Livia, la fidanzata e compagna di vita del commissario Montalbano, si riferisce a un qualche luogo tra Genova e Recco, ma Boccadasse me l’immaginavo con le caratteristiche della Riviera di Ponente. Tipo Cogoleto, Pietra Ligure. Chissà perché, poi.
E’ bastato cercare in rete – non ci vuole molto in effetti – ed eccola lì, Boccadasse. E’ un antico borgo marinaro (Boca d’azë o Bocadâze in genovese) della città di Genova e confina con i quartieri di Foce e di San Martino. Per arrivarci, vi basterà prendere l’uscita dell’autostrada Genova Ovest, percorrere tutto corso Italia, parcheggiare, scendere al mare. Ecco il borgo e il Capo di Santa Chiara. La sua baia, la sua spiaggetta di ciottoli, che fino a due anni fa era occupata dalle imbarcazioni della gente del posto e che tutt’oggi è territorio dei gabbiani, soprattutto in una giornata di mareggiata e pioggia come è stata il giorno del mio compleanno. Lo scorso 9 giugno.
Camargue, là dove soffia il Mistral
La Camargue mi ha ammaliata con le sole parole di un libro letto durante la lontana estate di Italia 90, nel passaggio tra la quinta elementare e l’adolescenza della scuola media. Ho iniziato a sognare quella terra sospesa tra paludi e gitani, tra Provenza e mare, tra sud della Francia e Catalogna e Andalusia con la copertina di Là dove soffia il Mistral di Giovanna Righini Ricci. Quei cavalli dal manto grigio che – tra sole, sabbia e salsedine – sembra quasi bianco e con le criniere mosse dal vento.
In tanti anni ho immaginato luoghi bellissimi, selvaggi, storie d’amore, passeggiate lungo il Rodano che taglia la vicina Arles e sotto le stelle che, lì, sono più grandi e più luminose e sembra davvero di poterle sfiorare con la punta delle dita. Ne ho sentito tanto parlare da Lavinia che con quei luoghi ha un rapporto profondo e questi racconti portavano sempre un po’ di magia e hanno fatto crescere ancora di più il mio desiderio di visitare la Camargue. Fino a quando Francesco e io abbiamo organizzato un viaggio nella Francia meridionale.
I mostri di Bomarzo
C’è da dire che quando ho sentito parlare di Parco dei Mostri – tac! – mi si sono drizzate le antenne, perché nutro da sempre una passione morbosa verso tutto ciò che è mostruoso, per i freaks e i gargoyles. Per i luoghi che sanno di mistico. E, questo, è proprio una sorta di percorso di purificazione e di espiazione. Arriva alla fine, al tempietto, solo chi ha superato le insidie delle creature grottesche che si trovano lungo il cammino. Un giardino sospeso tra il sacro e il profano, tra l’ordine e il caos. Immerso in una campagna bucolica, in cui le piante sembrano essere lasciate a se stesse, in cui il rigore dei giardini geometrici all’italiana cede il posto all’improvvisazione della natura.
La doppia Sicilia di Montalbano
L’altra sera ho ricevuto una inattesa telefonata dall’amico con l’accento più siciliano che ho. Da quasi 15 anni vive a Milano, ma non ha perso niente della sua terra nemmeno nel tono di voce. Stefano è di Ragusa e, sentirlo, mi ha dato l’idea per questo post: la Sicilia di Montalbano.
Quello che abbiamo conosciuto nella serie tv della Rai, ambientato appunto tra Ragusa, Modica e Scicli, e quello come lo immagina Andrea Camilleri quando ne descrive le avventure che si svolgono tra Agrigento e Porto Empedocle, ma che nei libri diventano Vigata, Montelusa, Marinella.
Puglia, un tramonto a Trani – e un’alba a Castel del Monte
Tramonti. Per anni, uscendo dal lavoro, ho avuto la fortuna di vedere ogni sera il Duomo di Milano tinto di rosa. E, sulla strada di casa, il sole calante dietro alle case del Naviglio Grande. Adesso, a Roma, il sole, quando sono a casa, lo vedo tramontare dietro ad un grande parco, scomparire a poco a poco infuocando le punte degli alberi. Vi ho già parlato di un bellissimo tramonto all’Eur. Un altro tramonto che ho nel cuore è quello che vidi una sera a Trani con Francesco.
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Cinque Terre, la Via dell’Amore
La Via dell’Amore non è mai stata molto fortunata. Creata intorno al 1920 per poter costruire il tratto ferroviario (quasi tutto in galleria) La Spezia-Genova, è poi piaciuta così tanto ai liguri e ai turisti che, dopo averla ampliata, è diventata la famosa passeggiata a picco sul mare che collega Riomaggiore e Manarola, due delle Cinque Terre. Però, nella sua breve vita, è rimasta chiusa troppo a lungo. Ogni volta una spiegazione: costi alti, va messa in sicurezza, le priorità del luogo sono altre, le pareti franano. Ed è vero e tutti siamo a conoscenza dell’incidente del settembre del 2012.
Questa bonifica della strada va fatta. Non si può lasciare chiusa la Via dell’Amore, uno dei panorami più belli d’Italia. Non si può lasciare in disparte una zona incantevole della Liguria, che ha sempre richiamato turisti da tutto il mondo.
Ora, se non conoscete questa parte di mare d’Italia, vi mostriamo noi qualche scatto e trarrete voi le conclusioni.
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Milano in movimento
Questa canzone già è bella di suo per New York, riadattata a Milano mi fa venire i brividi.
Biciclette, bicchieri in mano e case giallo Milano? Siete sui Navigli |
Milano che cambia
Il Naviglio Grande uscendo da Milano |
Per me un posto non vale l’altro. Anche per mangiare un panino. E non è questione di essere schizzinosi o di fare la preziosa, visto che a Istanbul (spero presto in un post) mi sono divorata un balik ekmek cucinato su una griglia che immagino non sia stata mai pulita (e per questo ha dato un sapore ottimo al pesce) sotto al ponte di Galata.
Torniamo a noi. Anche un semplice pranzo o un tè hanno la loro importanza. Se gustati nel posto giusto, hanno un altro senso.
Io sono una di quelle che si segna i locali di cui legge sfogliando i giornali (strappo le pagine, per essere precisa, perciò casa nostra è invasa da carta – quasi – straccia che solo negli ultimi periodi sto cercando di riordinare in raccoglitori ad hoc) e che fa screenshot del cellulare se trova un indirizzo interessante curiosando su Instagram. Insomma, non vorrei mai perdermi il meglio.
E’ così a Roma, la città in cui viviamo. Ed è così quando torniamo a Milano, la città in cui ho vissuto per tredici anni e dove abbiamo una casa (il mio nido sul Naviglio Grande) come riferimento e soprattutto come base. O anche quando passiamo per Torino, città a cui voglio molto bene (ma questa sarà la storia di altri post).
Torniamo su Milano. Che ogni volta cambia (e che ha sempre qualche novità da propormi).
La chiesa di San Cristoforo sul Naviglio davanti a casa |
Londra, la sorpresa di un raggio di sole
Non tutti viaggiamo con lo stesso spirito. Conosco molte persone che lo fanno solo per dire, al ritorno e davanti agli amici, “sono stato lì” (implicitamente significa “sono uno tosto perché me lo posso permettere”). Ne conosco altrettante per le quali non c’è differenza sia che si trovino a sorseggiare fresco succo di papaya in piena foresta Amazzonica, sia che stiano assaggiando tapas in un baretto lungo la spiaggia di Barceloneta. Intanto sono focalizzati solo sul portare in giro se stessi, senza mettersi in gioco con quello che li circonda, con il modo di vivere, senza respirare davvero l’aria che li circonda. Conosco chi resta chiuso come se fosse a girarsi i pollici sul divano di casa anche trovandosi dall’altra parte del mondo e chi non sa stupirsi davanti a una notte infinita come possono essere quelle estive in Svezia o quando, dopo ore di scomodi pullman e di sudore dei vicini di posto, si trova faccia a faccia con i camini delle fate in Cappadocia, in Turchia.
Bene, io faccio parte di quelle persone che se non entrano dentro alle fibre di una città, nelle viscere di un luogo, allora hanno sbagliato l’approccio del viaggio e rischiano di non portarsi a casa un bel niente. E ci soffrono.
E mi è successo.
Ad esempio con Londra, che non ho amato fino a quando non ci sono stata con Francesco.
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