C’è da dire che io credevo che Boccadasse fosse un paese. So che Andrea Camilleri, raccontandoci ogni tanto delle origini liguri di Livia, la fidanzata e compagna di vita del commissario Montalbano, si riferisce a un qualche luogo tra Genova e Recco, ma Boccadasse me l’immaginavo con le caratteristiche della Riviera di Ponente. Tipo Cogoleto, Pietra Ligure. Chissà perché, poi.
E’ bastato cercare in rete – non ci vuole molto in effetti – ed eccola lì, Boccadasse. E’ un antico borgo marinaro (Boca d’azë o Bocadâze in genovese) della città di Genova e confina con i quartieri di Foce e di San Martino. Per arrivarci, vi basterà prendere l’uscita dell’autostrada Genova Ovest, percorrere tutto corso Italia, parcheggiare, scendere al mare. Ecco il borgo e il Capo di Santa Chiara. La sua baia, la sua spiaggetta di ciottoli, che fino a due anni fa era occupata dalle imbarcazioni della gente del posto e che tutt’oggi è territorio dei gabbiani, soprattutto in una giornata di mareggiata e pioggia come è stata il giorno del mio compleanno. Lo scorso 9 giugno.
Sono addossate le une alle altre, le case di Boccadasse. Sbirci in una strada, in una crêuza de ma, e ti appaiono gli scogli sui quali si infrangono le onde. Poi entri in un bar e ti accorgi che la porta posteriore dà su un’altra strada stretta, questa volta in salita. E, se la segui, si arrampica fino in alto per mostrarti tutto il paesaggio. I tetti con i coppi, i nidi degli uccelli, le reti dei pescatori, le barche coperte per ripararle dalla pioggia, gli ombrelli di chi corre verso casa ancora con un gelato in mano, le navi in lontananza, i muri pastello. Come quelli che avevamo già trovato alle Cinque Terre.
Saliteci davvero, fino alla cima del Capo di Santa Chiara. Lì, trovate anche un castello di inizio Novecento progettato da Gino Coppedè (presto un post sul quartiere Coppedè a Roma – ma anche Milano ha il suo castello firmato Coppedè a Sant’Ambrogio). La vista spazia sino al promontorio di Portofino. In una giornata di bel tempo, almeno.
A Boccadasse ci sono ancora i pescatori, quelli veri, quelli che escono la mattina presto per portarsi a casa qualcosa di buono per il pranzo o per la cena o che hanno una piccola pescheria e lì anche i turisti ormai abituali sanno che possono trovare il pescato di giornata. Non credo sia cambiato molto, questo borgo, da come doveva apparire cento o duecento anni fa. Nonostante Genova sia una città in cui è ben evidente anche la costruzione senza senso e senza gusto, questo quartiere si è preservato dalle brutture. E sa di mare, soprattutto. Sa di iodio.
Qui ha vissuto parte della sua vita Gino Paoli e la famosa canzone La Gatta è ambientata proprio a Boccadasse.
Affacciati sulla piccola baia del borgo, sono tanti i ristoranti, i bar, le gelaterie, i forni in cui comprare un trancio di deliziosa farinata di ceci o di focaccia ligure. Noi abbiamo scelto il ristorante Creuza de mä che con un’ampia vetrata si affaccia sulla spiaggia e sul mare. Dal cappon magro alla zuppetta del pescatore, dalla ricciola cruda alle pappardelle di maggiorana con pinoli e cozze, dai ravioli di dentice al “tortino” (solo per la forma) di scaglie di orata e baccalà. Giusto per darvi un’idea. E una bottiglia di Pigato (il nostro era un ottimo U Baccan).
Torniamo a Livia. Andrea Camilleri fa vivere qui, così lontano dalla Sicilia, la fidanzata di Salvo Montalbano. Tutta l’Italia tra loro due. Nella serie tv, invece, le poche immagini di esterno di casa di Livia – se non ricordo male, una in cui lei scende a Marinella e contemporaneamente Montalbano sale a Boccadasse e, così, non si incontrano; l’altra nel Giovane Montalbano – sono girate in Sicilia. La curiosità arriva da un omonimo del commissario, il mio amico Salvo di Ragusa. Andate a Marina di Ragusa, a Torre Cabrera e troverete la finta Boccadasse.
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