Si fa presto a dire “andiamo a fare un giro da qualche parte”, la domenica mattina. Molto meglio dormire un po’ di più – mio marito -, bighellonare per casa – io -, prendersi più coccole del solito – Margherita, la nostra Bolognese di 4 anni e mezzo, una figlia, insomma -. E poi ci si trascina, lenti, a fare un brunch.
Eppure ogni tanto questa pigrizia domenical/invernale riusciamo a vincerla. E’ successo così un paio di settimane fa e siamo andati a Civita di Bagnoregio, un’ora e mezza di macchina da Roma. Al confine tra Lazio e Umbria, non lontana da Orvieto.
Civita è conosciuta come La città che muore – che fa un po’ triste, ma la rende pure più magica – perché è isolata su rocce tufacee e la vallata intorno continua a sprofondare un po’ ogni giorno.
Civita di Bagnoregio ricorda un presepe, in particolare al tramonto, quando si accendono le prime luci, ed è raggiungibile da un lungo ponte che collega Bagnoregio e il belvedere a Civita, la sua frazione.
I residenti nel borgo che muore sono sei. Ho detto tutto.
Ancora più suggestivo è trovare Civita immersa nella nebbia. Sembra un’isola. Sembra Avalon, nelle mie fantasie di bambina. Qui un esempio.