Da Panguitch, un villaggio formato giusto da un paio di incroci di strade, poche case, alcuni ristoranti, ma che richiama quei sapori del vecchio e lontano West che andiamo cercando, si percorre un tratto della Scenic Byway 12 e si entra nella Dixie National Forest, superando le rocce infuocate del Red Canyon. E’ questa la salita che porta agli oltre duemila metri (fino a 2.748) del Bryce Canyon, nello Utah, con i suoi picchi dorati inconfondibili, che non si trovano nelle altre gole e vallate degli Stati Uniti. [Read more…]
Che cosa significa viaggiare in India. “Lion – La strada verso casa”
Quando mi chiedete cosa significa organizzare un viaggio in India, io rispondo che l’India è un continente a sé, per la sua vastità. E l’India è anche un mondo a sé, per quanto è diversa da ciò che viviamo. Nelle sale in questi giorni c’è un film, Lion – La strada verso casa, tratto dalla storia vera di Saroo Brierley, un bambino che si perde nel Madhya Pradesh a cinque anni e che si trova catapultato a 1.484 chilometri da casa, nella caotica e poverissima Calcutta, nel Bengala Occidentale. Dopo un periodo in un orfanotrofio e l’adozione da parte di una famiglia amorevole che lo porta a vivere in Tasmania, vent’anni dopo si rimetterà sulla strada di casa e sulle tracce della sua famiglia. La storia vera è raccontata da The Sydney Morning Herald del 24 marzo 2012: Little boy lost, a 25-year odyssey.
2017: consigli di viaggio per un anno (senza paura)
E’ iniziato così, il nostro 2017: con quella sfumatura inconfondibile di oro rosa che ha solo Petra, in Giordania, una delle sette meraviglie del mondo moderno. Eppure per la prima volta ci siamo trovati a mettere in dubbio una partenza perché solo pochi giorni prima c’era stato l’attentato al Castello di Karak, proprio in Giordania, in cui sono state uccise undici persone, tra cui alcuni turisti. E poi è stato un susseguirsi di stragi: a Berlino e a Istanbul, la notte di Capodanno. Perché te lo domandi, inutile negarlo, se stai andando proprio nelle fauci del nemico. Ma il nemico dov’è? Riusciamo a stabilirlo e a individuarlo per poterlo isolare?
Australia, dove abbracciare un koala e nutrire i canguri
La morbidezza della pelliccia e il profumo di eucalipto. Sono questi i due ricordi che non ti abbandonano più, dopo aver provato l’emozione di abbracciare un koala. L’Australia, terra immensa e dalla natura selvaggia e così diversa da quella in cui siamo abituati a vivere ed esplorare, affascina per i suoi animali selvatici. Terra di canguri e di koala, ma anche di coccodrilli e di petauri dello zucchero, di echidne e di vombati, di diavoli di Tasmania, di dingos, di wallaby e di numerosi altri marsupiali. Il desiderio, quando si mette piede per la prima volta in Australia, è quello di dare da mangiare ai canguri e di vederli saltare nelle sterminate praterie, ma soprattutto è quello di tenere tra le braccia un koala, quell’orsetto con gli occhi piccoli e a mandorla, con le orecchie pelose e gli artigli nelle zampe. Purtroppo non tutti i parchi permettono di prendere in braccio il koala, ma solo accarezzarlo o nutrirlo offrendogli qualche ramoscello di eucalipto. E quelli che si possono incontrate lungo le strade, per esempio di Kangaroo Island o della Great Ocean Road nello Stato di Victoria, non si fanno avvicinare e comunque sarebbe proibito toccarli.
Jailsalmer, India: nel deserto del Rajasthan al confine con il Pakistan
Del giorno prima non ricordo quasi niente, se non i fuochi accesi lungo le strade dei quartieri residenziali di Nuova Delhi, là dove dormono all’addiaccio i fuori casta, gli intoccabili. Arrivando in piena notte, la nostra macchina correva verso l’hotel, scansando le ombre in lento movimento, e nei miei occhi si sono fissati per sempre quei roghi nel buio. Il giorno dopo siamo partiti con un volo all’alba per Jodhpur e il nostro aereo si è sollevato nella compatta e fredda nebbia di Delhi. E ci siamo ritrovati a percorrere centinaia di chilometri passando dall’oasi di Osyan verso Jaisalmer, The Golden City, là dove il Rajasthan confina con il Pakistan. Là dove l’aria è fredda di deserto. E’ stato lì che abbiamo avuto il primo contatto con gli intoccabili. Loro non possono entrare nel forte di sabbia di Jaisalmer, siedono all’ingresso, in attesa di un’elemosina o adoperandosi in qualche spettacolo che porti loro un piccolo guadagno. A volte vendono ninnoli e attendono: più che seduti, accovacciati. In una posizione scomoda. Questo è un ricordo che mi è rimasto bene impresso da quel lungo viaggio in India: gli indiani si riposano e aspettano piegati sulle gambe, con solo le piante dei piedi che poggiano terra e il sedere sprofondato all’indietro, rasoterra. Ricordo un’anziana donna, elegante nel suo sari viola, turchese e arancione, seduta sulla strada in salita che porta al forte di Jaisalmer. Ero ancora lontana da lei e le ho sorriso, sembrava una signora che di lì a poco sarebbe tornata a casa a preparare il pasto alle famiglia, ai nipoti che – con le uniformi tutte uguali – tornano da scuola correndo, gesticolando e parlando a voce troppo alta. Mi sono avvicinata ed era una lebbrosa. Ho messo a fuoco i capelli spettinati, lo sguardo senza speranza di chi aspetta di morire augurandosi che la prossima vita sia benevola e la latta per l’elemosina. Era un’intoccabile, una senza casta. Le mancavano le dita delle mani. Ho forse fatto un salto indietro, non lo so, non ero preparata. Da quel momento mi sono resa conto che ero davvero arrivata in India.
USA: Thanksgiving Day (e Black Friday + Cyber Monday) a New York
Il Thanksgiving Day, il Giorno del Ringraziamento, è forse la ricorrenza cui gli americani sono più legati, in cui le famiglie si riuniscono, come facciamo in Italia la sera della Vigilia e il 25 dicembre, e durante la quale, da tradizione, si mangia il tacchino ripieno accompagnato dalla composta di mirtilli. Nato come segno di gratitudine verso Dio per il raccolto appena concluso e per quanto ricevuto durante l’anno in corso, il Thanksgiving non ha una data che resta sempre uguale di anno in anno: è il quarto giovedì di novembre e dà il via all’atmosfera natalizia. In Italia, da qualche anno ormai, siamo molto interessati al giorno successivo il Ringraziamento, che si chiama Black Friday, venerdì nero.
Red Hook, Brooklyn: l’unico luogo a New York in cui la Statua della Libertà ti guarda negli occhi
La prima volta che si arriva a New York si ha l’idea che la vedrai da vicino, che ci passerai accanto su un battello che quasi la sfiorerà, tra gli spruzzi, con il mare mosso e, ondeggiando, alzerai lo sguardo verso l’alto e lei sarà lì, impassibile, con la sua fiaccola nella mano e la corona con le sette punte sul capo. E, quando davvero arrivi a NYC, c’è un momento in cui quasi ti dimentichi di lei. Perché non la vedi mai. Eppure eri così convinto che sarebbe stata sempre lì, nella baia, a ricordarti che sei approdato negli Stati Uniti d’America. E, così, la cerchi mentre passeggi lungo il ponte di Brooklyn, ma, se c’è un po’ di foschia, lei non si mostra. Ti aggiri al belvedere della Freedom Tower e non la metti a fuoco. Poi, all’improvviso, un raggio di sole la illumina tra le scie lasciate dalle navi ed è laggiù. La Statua della Libertà è piccolissima. E ti dà le spalle. [Read more…]
Africa: Fès e Meknes, viaggio nelle città imperiali del Marocco
Una incute un po’ di timore, perché, appena voltato un angolo e poi ancora un altro, capisci subito che, da solo, non sarai mai in grado di orientarti in quel labirinto. E gli abitanti di Fès lo sanno. Ed è per quello che, a volte, ti guardando sorridendo, aspettando la tua prossima mossa di disorientamento. Ti guarderanno passare e ripassare dallo stesso tratto di strada, aspettandoti al varco, fino a quando dirai di sì e accetterai il loro aiuto per trovare la direzione giusta. L’altra, Meknes, è più piccola, una bomboniera in cui potresti veder arrivare da un momento all’altro una principessa che scende da una carrozza. E, nella sua medina, rischierai comunque di perderti. In comune le due città imperiali più belle del Marocco hanno il loro trovarsi, ancora oggi, fuori dal tempo.
San Antonio de Areco: viaggio di un giorno nella pampa argentina
Il sole caldo estivo il primo gennaio. E’ l’estate australe, quella di San Antonio de Areco, a circa centodieci chilometri a nord di Buenos Aires. E se ne percorrono già tanti solo per uscire dall’enorme città e poi, all’improvviso, il paesaggio diventa campagna, diventa pampa.
Si arriva sino a qui per trovare l’Argentina dei gauchos e in cui i porteños, gli abitanti di Baires, amano organizzare la gita di un giorno, soprattutto nel fine settimana. Per fare un tuffo nel fiume, rilassarsi sull’erba e mangiare l’asado, la carne cotta lentamente alla brace.
USA: visitare Chicago in tre giorni (tra deep dish pizza, Route 66, spiagge e panorami mozzafiato)
E’ da Chicago che parte la Mother Road d’America, la Route 66 che, dall’Illinois, attraversa sei Stati e arriva in California, sul pontile di Santa Monica. Proprio alle spalle dello straordinario e completo Art Institute of Chicago fa capolino un cartello che, con un’unica immagine, sembra possa raccontare la storia degli Stati Uniti, quelli più veri e profondi.
Chicago è la città che, con il blues, ha aperto la strada al rock and roll. La città il cui nome si lega a quello di gangster mitici, come Al Capone. Chicago è la città dell’architettura, con favolosi edifici che si affacciano sul Chicago River e si specchiano gli uni nelle vetrate degli altri. Chicago è la città della deep dish pizza e quella dei panorami mozzafiato dalla cima dei suoi grattacieli. E’ anche la città del vento, Windy City.
Svetta verso l’alto come New York, ha un tocco elegante che ricorda Boston e alcune strade del Loop – il centro storico del Financial District di Chicago – sono grungy, dirty e filthy, con la metropolitana sopraelevata che sferraglia sopra le teste dei passanti.
Poi c’è quello che Chi-Town è per me: una giornata di sole al lago Michigan, proprio là dove la sabbia bianca della spiaggia arriva fino agli ingressi dei grattacieli e gli abitanti di Chicago si prendono una pausa, riparandosi dal sole dell’indian summer sotto le fronde degli alberi.