C’è da dire che quando ho sentito parlare di Parco dei Mostri – tac! – mi si sono drizzate le antenne, perché nutro da sempre una passione morbosa verso tutto ciò che è mostruoso, per i freaks e i gargoyles. Per i luoghi che sanno di mistico. E, questo, è proprio una sorta di percorso di purificazione e di espiazione. Arriva alla fine, al tempietto, solo chi ha superato le insidie delle creature grottesche che si trovano lungo il cammino. Un giardino sospeso tra il sacro e il profano, tra l’ordine e il caos. Immerso in una campagna bucolica, in cui le piante sembrano essere lasciate a se stesse, in cui il rigore dei giardini geometrici all’italiana cede il posto all’improvvisazione della natura.
Il Sacro Bosco di Bomarzo si trova in provincia di Viterbo, a 90 km da Roma nord. L’uscita della A1 è Attigliano, oppure si può seguire la superstrada Viterbo-Orte fino a Bomarzo, che domina il parco dall’alto del suo sperone roccioso in peperino. La gita si può fare in un giorno, se si abita tra Toscana, Umbria e Lazio. E, infatti, è una meta da gita scolastica.
Noi siamo partiti una domenica mattina (e una giornata di sole ci ha dato la forza per non impigrirci a Roma) e ci siamo fermati a pranzo a Soriano nel Cimino – che è conosciuto per le passeggiate che si possono fare nella Faggeta -. Il nostro consiglio è il ristorante di Nonna Pappa. I proprietari sono originali e cortesi. I piatti sono del territorio e una gradita sopresa si scopre nell’offerta dei vini, che sono ricercati e raccolti fior da fiore in ogni regione italiana. Non solo, quindi, il classico vino del contadino che, di solito – peccato! – è un modo subdolo per offrire un vinaccio un po’ troppo aspro, bensì una scelta varia. Certo non mi aspettavo di trovare l’Erbaluce di Caluso e il Timorasso, autoctoni piemontesi, invece eccoli lì.
Da Soriano ci sono dieci minuti di macchina. Si arriva al Parco costeggiando Bomarzo e il parcheggio all’ingresso è ampio e in un giorno di bel tempo preparatevi per un po’ di coda in biglietteria (una decina di euro per gli adulti, 8 per i bambini – è aperto tutto l’anno fino al tramonto). Soprattutto perchè è possibile organizzare picnic nell’area verde appena fuori dal Sacro Bosco (foto sotto) e sono in tanti ad essere attirati da questa possibilità.
Voi che pel mondo/ gite errando vaghi/ di veder meraviglie alte et stupende/ venite qua ove tutto vi parla d’amore e d’arte.
E’ questo l’invito all’ingresso del Sacro Bosco. Potete scegliere di perdervi nel giardino che ha vari livelli e, quando meno ve lo aspettate, dietro ad un grande albero mosso dal vento vi trovate faccia a faccia con Ercole e Caco, oppure seguite la mappa – sa di caccia al tesoro! – che vi consegnano con il biglietto d’entrata.
Il giardino è stato un desiderio del principe Pier Francesco Orsini, Signore di Bomarzo, che lo commissionò all’architetto napoletano Pirro Lagorio a metà del 1500. Le sculture sono realizzate in peperino, una roccia magmatica caratteristica della zona dei Monti Cimini e dei Colli Albani, e il loro stile si inserisce tra il Manierismo e il Barocco. Il muschio striscia lentamente fino a ricoprire anse e curve, spigoli e denti affilati dei mostri.
Il percorso di iniziazione parte da sfingi, orchi, draghi, mostruose facce di Proteo Glauco, furie e leoni, Cerbero ed Echidna, tra i quali si inseriscono luoghi ameni in cui già il Signore di Bomarzo e i suoi ospiti cessavano di stare in guardia perché le figure paurose si ritiravano nelle parti più nascoste del bosco. E ci si riposava accanto al ruscello che scorre quasi sempre al riparo dagli sguardi. Se ne sente prima il gorgoglio tra i sassi e l’erba, scendendo le scalette in legno, poi, tra la fontana con il Pegaso e il Ninfeo, lo si riesce anche a vedere.
La magia del luogo è data anche dai giochi di luce e ombra. La vegetazione ricopre gran parte delle sculture e a volte, quando si cerca di mettere a fuoco un particolare – e solo allora – ecco un raggio di sole che ci colpisce gli occhi, facendosi strada tra le foglie, e per qualche attimo si perde l’equilibrio. Come si perde nella Casa pendente, forse l’unica costruzione che davvero ha qualche cosa di spaventoso.
Dalla Casa pendente si esce con senso di nausea e forti capogiri. In fin dei conti è come stare su un ponte in salita, ci siamo detti. Eppure, lì dentro, si ha una sensazione molto strana. Più si avanza, più sembra che il corpo venga respinto all’indietro. Si arranca per qualche passo e non si trova, con lo sguardo, un punto fermo e sicuro che possa ristabilire l’equilibrio. L’occhio inganna il corpo e la mente. E ripensandoci ora mentre scrivo, mi assale quella sensazione di malessere. Ho letto che – per chi ci crede – si tratterebbe di una zona caratterizzata da forti energie della natura riunite in questo punto dalla grande presenza di acqua, a cui si aggiungono i simbolismi dei mostri del giardino e le stratificazioni storiche (terra etrusca, romana, medievale). Vi segnalo questo video per rendere l’idea.
Insomma, ognuno può viversi il Sacro Bosco come lo sente. Vi lascio con un’ultima curiosità. Nella zona ovest del parco, quella coperta dai boschi più fitti, una quindicina di anni fa è stato trovato un altare sacrificale. Costruito con lo stesso peperino utilizzato per le sculture, ma con incisioni particolari, come dei soli con i raggi curvati verso sinistra. La superficie presenta dei canali di scolo che di solito erano utilizzate per fare defluire il sangue delle vittime (noi ne abbiamo visti numerosi in Messico, a Chichen Itza). C’è già chi ha detto che si veneravano non culti solari, ma potenze uraniche. Tutto può essere, in un luogo come questo. Forse era semplicemente uno scherzo con il quale il Signore di Bomarzo amava prendersi gioco dei propri ospiti.
Come quando, dicono, il fantasma di Orsini viene visto passeggiare nel giardino.
Voi siete stati a Bomarzo? Che impressione ne avete avuto? Aspettiamo la segnalazione di altri luoghi magici come questo.
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